Questo periodo dell’anno è di grande importanza per le scuole superiori: di norma, infatti, questi sono i mesi durante i quali ci si prepara al rinnovo del consiglio di istituto.
È un momento generalmente molto “sentito” per le nuove generazioni: tra chi decide di mettersi in gioco in prima persona e prendere in mano le redini della scuola e chi dimostra il proprio interesse con supporto ed aiuto durante la campagna, si tratta probabilmente della prima occasione in cui i giovani si trovano a contatto con la politica o, più propriamente, fanno politica.
È anche quindi una prima occasione per avvicinare al dibattito politico e per incoraggiare, soprattutto, a prendervi parte attivamente.
Ma come mai ultimamente la figura del rappresentante studentesco ha assunto sempre più importanza?
Ci si domanda spesso se le nuove generazioni si preoccupino abbastanza di seguire l’andamento del dibattito pubblico politico o se preferiscano invece rimandare questa attività con il rischio di perdere di vista questioni che in un futuro molto prossimo le riguarderanno da vicino. Da giovane quale sono mi sento di dire che, se negli anni passati si è potuta riscontrare una disinformazione giovanile abbastanza diffusa (e che riposava specialmente nella sfiducia della classe politica stessa, oltre che nel disinteresse), adesso questi sentimenti sono stati “incanalati” in qualcosa di totalmente diverso: è proprio questo non sentirsi rappresentati, questo non sentirsi ascoltati e capiti da una classe dirigente di cui non si ha quindi fiducia a fare da motore. Da qui nasce perciò la voglia di agire, di farsi valere e di portare avanti un processo di radicale cambiamento di cui noi giovani siamo i fautori. Non a caso i dati parlano chiaro: i giovani rappresentano la parte della popolazione più istruita e più interessata ai grandi temi della attualità politica (ambiente, parità di diritti, identità di genere…).
Quale luogo migliore della scuola quindi per iniziare a fare politica?
Il termine “politica” viene dal greco “polis“, un’entità politica, sociale ed economica, ma anche e soprattutto etico-morale. Fu Platone il primo a teorizzarla come un organismo educativo collettivo nei confronti del singolo, finalizzato al bene comune. La politica è arte e scienza del governare. Riguarda tutti, poichè ciascuno di noi è tenuto a prendersi cura della “res publica”, attraverso la partecipazione e la cittadinanza attiva, la manifestazione di comportamenti finalizzati al benessere e all’interessa della comunità sociale in cui si vive. La scuola non è altro che una piccola comunità di persone, professori e studenti che, con diritti e doveri, hanno insieme una unica finalità: la convivenza fondata sulla democrazia, il rispetto e la libertà di pensiero. Questi principi e questi valori valgono quindi anche nella istituzione scolastica. Non è poi da sottovalutare che la scuola è il primo luogo in cui ci viene insegnato a pensare, a prendere decisioni, a convivere con idee differenti dalle nostre. Il “polites” è infatti colui che si sente coinvolto nella gestione della vita della sua comunità in prima persona: soffre, ama, combatte con ardore per le proprie idee ma è contestualmente capace di scendere a compromessi se necessario.
Dunque se da una parte una volta approdati alla scuola superiore ci si ritrova a doversi confrontare con nuovi temi e mansioni, dall’altra si acquista consapevolezza per la prima volta dell’ esistenza di un sistema che include pienamente i giovani e per il quale gli studenti, in quanto membri della comunità scolastica, hanno un grande impatto e rilievo sulla vita e la gestione della scuola con le loro idee, i loro progetti e le loro ambizioni.
Ludovica Italiano