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Il primo weekend cinematografico di luglio si apre con Mississippi Grind, di Ryan Fleck e Anna Boden, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival il 24 gennaio 2015.
Si tratta di un road movie non eccelso ma ben orchestrato in ritmo e azione, che è anche il racconto di un’amicizia tra due personaggi: Gerry (Ben Mendelsohn), vero asso del poker perseguitato dalla sfortuna, e Curtis, giovane e intraprendente giocatore.
I due, per volere di Jerry, si mettono in viaggio verso il sud degli Stati Uniti, da St. Louis a New Orleans, per provare a rientrare in possesso di un po’ di denaro.
Si arricchiranno, anche grazie alla scommessa di Curtis sul cavallo da corsa del titolo, “Mississippi Grind”.
Alla fine le strade di Gerry e Curtis si separeranno, ma rimarrà in ciascuno di loro l’esperienza dell’incontro con l’altro, insieme alla voglia di rifondare la propria vita.

Cinque tequila, terzo lungometraggio del regista Jack Zagha Kababie, che ne è anche lo sceneggiatore, è un ulteriore road movie, una commedia – come racconta lui stesso – sul «viaggio di tre ottantenni attraverso un paese mistico, raccontato come se a vederlo fosse lo sguardo puro di un bambino. La gioia vissuta dal trio è impagabile. È un regalo a coloro che affrontano le proprie difficoltà per un qualcosa di più grande: l’amicizia».
Il trio è formato da Emiliano (José Carlos Ruiz), Augustin (Luis Bayardo) e Benito (Eduardo Manzano), attori peraltro molto conosciuti in Messico, che decidono di intraprendere un lungo viaggio, attraversando la loro terra per esaudire l’ultimo desiderio del loro compagno di gioco a domino, Pedro (Pedro Weber “Chatanuga”).
C’è un vecchio tovagliolo di carta, su cui il famosissimo José Alfredo Jiménez, detto “El Rey” – leggendario musicista messicano – ha scritto una dedica di suo pugno a Pedro, in un remoto passato.
Il tovagliolo, per volontà di Pedro, dovrà essere consegnato al museo di Guanajuato, perché ne rimanga memoria.
Storia di un’amicizia vera, che rimane intatta al di là del tempo e degli inevitabili limiti della vita umana, Cinque tequila ci fa viaggiare in un Messico non oloeografico, nella sua musica, che permea così profondamente l’esistenza di ciascuno, nei suoi ritmi lenti e nell’atavica fiducia, che resiste incrollabile agli assalti del destino.
Un inno alla joie de vivre, nonostante tutto.

In Ma Ma – Tutto andrà bene, di Julio Medem, Penelope Cruz – riconosciuta icona del cinema spagnolo e mondiale, qui anche nelle vesti di produttrice – dona corpo, volto, bellezza dolorosa e materna, intensità di sguardi e gesti al personaggio di Magda, una giovane donna che si trova all’improvviso a lottare con un male più forte della sua tempra d’acciaio, della sua luminosa forza interiore, in un momento della sua vita in cui sparisce dal suo orizzonte anche l’affetto che le era più vicino, il marito, invaghitosi di una sua studentessa.
A Magda rimane accanto solo Arturo (Luis Tosar), ex calciatore, di cui fa la conoscenza mentre assiste a una partita del figlio adolescente: la vita, tuttavia, le riserverà ancora allegrie e dolcezze, nello stridente eppure salvifico contrasto tra la guerra alla malattia e la totalizzante esperienza di dare alla luce un nuovo essere umano.
La Cruz, candidata al Premio Goya come miglior attrice protagonista per la sua interpretazione di Magda, è il perno, il nucleo magmatico attorno a cui ruota il film: dove non arriva la regia di Medem – che lascia il campo in certi passaggi a un’eccessiva retorica dei sentimenti e del dolore – intervengono a risollevare il livello del racconto la sua straordinaria bravura e presenza fisica.
Il tema trattato non è lieve, ma la Cruz sa dosare con maestria sentimenti ed emozioni, distillati goccia a goccia sul suo bel viso, maturo e seduttivo.
E’ esistito, e ancora sopravvive, nelle derive del cinema post-moderno, un cinema d’autore: in Ma Ma vediamo invece all’opera un cinema di attori. Di una grande attrice dei nostri giorni.

Barbara Rossi

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