Cercare di essere “perfetti” costa. In un mondo in cui l’apparire conta molto più dell’essere, il desiderio di approvazione sociale è pane quotidiano per noi giovani di oggi.

I social

Non hanno certamente aiutato: le nostre vite sono più esposte, noi siamo più esposti e sottoposti al giudizio feroce e talvolta impietoso di chiunque abbia a disposizione uno strumento per dire la propria.
Non conta cosa ci piace davvero, ma ciò che può “fare piacere” a chi ci circonda. Una pressione che non sempre si riesce a gestire. Gli studi, infatti, parlano chiaro: negli ultimi 30 anni questa ricerca del “perfezionismo esasperato” è stata in continua crescita e ciò che preoccupa maggiormente sono proprio le conseguenze sulla salute mentale dei giovani.

Instagram e i filtri 

In una recente ricerca del Wall Street Journal sono stati pubblicati i cosiddetti “Facebook Files”.  Sono documenti che dimostrano come l’app di Instagram stia danneggiando progressivamente la salute mentale dei giovani, specialmente per quella fascia d’età che va dalla pubertà all’adolescenza, specialmente per le donne.
A differenza di altri social, infatti, Instagram comunica solo ed esclusivamente tramite l’immediatezza e l’istantaneità dell’immagine, elemento che ha i suoi pro, ma anche i suoi contro, se si considerano i messaggi fuorvianti che possono più facilmente passare grazie ad un dato puramente fotografico. Nonostante ciò, comunque, Instagram ha continuato ad introdurre novità sempre più dannose, tra cui i famosi “filtri”. Non quelle impostazioni per una colorazione diversa, un maggior contrasto o una minore luminosità, ma la possibilità di vedere completamente modificati i propri connotati fisici. Naso più piccolo, ciglia più lunghe, labbra più gonfie, carnagione più abbronzata: tutto smosso dalla spasmodica ricerca di adattamento a standard che, anche inconsapevolmente e passivamente, la società ci impone.
Non è forse questa la perdita della felicità? Essere approvati dagli altri perdendo la propria autenticità?

Milano Fashion Week specchio della società

Si è conclusa da poco la Milano Fashion Week che non è rimasta fuori dalle polemiche. Di fronte alla crescita intensa di perfezionismo esasperato, infatti, da tempo si è diffuso il movimento della Body Positivity, con l’obiettivo di “sfidare i canoni e i pregiudizi della società sui corpi, considerandoli tutti ugualmente belli/utili/degni nella loro diversità e rendendo moda, bellezza, cinema e pubblicità davvero inclusive”.
Ma che succede quando la protagonista principale delle sfilate della settimana della moda di Milano (con qualche eccezione) è stata la magrezza estrema e talvolta anche patologica, come se fosse ipotizzabile un solo tipo di bellezza?

L’inclusività

Discorso davvero complesso da affrontare. È difficile parlarne a 360° senza sfociare nella “inclusività a metà”, rischiando di cadere nell’errore opposto. Infatti sottolineare che queste modelle siano “troppo magre” potrebbe lasciare intendere che l’inclusività sia prevista solo per corpi con forme “più morbide”.
Se è vero, dunque, il discorso fatto su Instagram e i suoi limiti, è vero anche che ciò accade nel mondo virtuale è soltanto specchio di quello che accade nel mondo reale, che ha permeato certi pensieri permettendo la diffusione di determinate idee.

Cambiare la situazione

Che si può fare per invertire la tendenza? Si deve partire dal mondo reale, ma invece di nascondersi dietro l’ipocrisia che regna sovrana, non sarebbe meglio imparare ad accettare l’etereogeneità e le differenze, mettendo da parte “l’ossessione” per i corpi che vediamo accettando l’esistenza di tante forme diverse? Sarebbe una giusta “body neutrality”. 
Ludovica Italiano

Di Raimondo Bovone

Ricercatore instancabile della bellezza nel Calcio, caparbio "incantato" dalla Cultura quale bisettrice unica di stile di vita. Si definisce "un Uomo qualunque" alla ricerca dell'Essenzialità dell'Essere.

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