La richiesta degli assessori Chiorino e Protopapa al ministro Bellanova: «Non solo trattative con la Romania: se servono addetti si dia anche la possibilità di lavorare ai tanti concittadini in difficoltà e ai percettori del reddito di cittadinanza».
«Apprendiamo da fonti stampa che, a fronte della carenza, nelle campagne italiane, di circa 250mila lavoratori stagionali necessari per la raccolta, il ministro per le Politiche Agricole, Teresa Bellanova, sarebbe al lavoro per stipulare accordi con Paesi stranieri, al fine di importare manodopera. Ma perché, oltre a pensare a lavoratori stranieri, il governo non valuta di coinvolgere in particolare gli italiani che hanno perso il posto di lavoro a causa del coronavirus e che non hanno alcuna tutela e anche quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza, ai quali il governo avrebbe già dovuto trovare lavoro da tempo ma che, nella stragrande maggioranza dei casi, risultano inattivi?
La domanda arriva dal Piemonte e precisamente dagli assessori regionali al Lavoro, Elena Chiorino e all’Agricoltura, Marco Protopapa: «Oltre a incontrare l’ambasciatore della Romania per pianificare l’arrivo di manodopera dall’estero – spiegano i due esponenti della giunta Cirio – il ministro Bellanova potrebbe valutare di coinvolgere anche i tanti italiani letteralmente piegati dall’attuale emergenza, che avrebbero bisogno più che mai di un’occupazione, anche soltanto stagionale. In un momento del genere sarebbe opportuno, oltre a far lavorare gli stranieri non lasciare a casa italiani che, come si legge nelle cronache di questi giorni, non riescono ad arrivare alla fine del mese e a fare la spesa». Non solo: i due assessori regionali sollecitano il governo ad avvalersi anche dei percettori del reddito di cittadinanza: «Ci avevano garantito che il reddito sarebbe stato funzionale all’inserimento nel mondo del lavoro – aggiungono Chiorino e Protopapa – ma ad oggi i risultati sono stati sicuramente non soddisfacenti, per non dire praticamente nulli. Allora perché non pensare di coinvolgere anche questi soggetti che, peraltro, solo per stare a casa, percepiscono un reddito superiore alla misera «una tantum» di 600 euro concessa ai lavoratori autonomi e alle partite Iva?».
E allora cosa fare? Per Chiorino e Protopapa la prima preoccupazione deve essere quella di salvare l’agricoltura che in Piemonte è una delle principali fonti di lavoro e di produzione, considerando anche tutta la filiera. «In un momento di assoluta emergenza – concludono – occorre consentire alle imprese agricole di reperire la manodopera necessaria per non vanificare il raccolto, che rappresenterebbe un colpo ferale a tutto il comparto. Si potrebbe pensare a formule contrattuali snelle, magari della durata di pochi mesi e non rinnovabili, ma con importanti agevolazioni fiscali che siano sostenibili per le aziende e che possano consentire alle persone in cerca di occupazione o in cassa integrazione di lavorare e percepire un reddito. In questo modo andremmo a sostenere imprese, lavoratori e, più in generale, tutto il comparto agricolo».