Inflazione, il nemico silenzioso della tua liquidità
L’indice dei prezzi in Italia è schizzato al 6,7% e nessuno strumento “garantito” riesce, in termini di rendimento, a stare al passo con questo valore.
Da statistiche di mercato sui tassi d’interesse annui offerti dalle banche per i loro conti deposito infatti risulta che questo valore sia intorno allo 0,44% annuo( lordo, al quale dovrete togliere il 26% di tasse e l’imposta di bollo, circa un altro 0,20% calcolato sulle giacenze).
Non c’è di fatto riparo di fronte alla corsa dell’inflazione e ai suoi effetti disastrosi sui conti correnti. Il mix congiunto tra l’indice dei prezzi e i bassissimi tassi di interesse fa sì che i rendimenti reali sulle somme depositate siano sotto zero.
Così, chi non vuole avere a che fare con il rischio di investimento, ma avere la disponibilità della liquidità ( bisogna comunque dare un preavviso di 20/ 30 giorni in alcuni casi per poter avere di nuovo i soldi liquidi sul conto, quindi ditemi che liquidità è…), di fatto non ha alternative.
Settore immobiliare
Dagli anni 50 ad oggi, soprattutto per le famiglie, che tendenzialmente hanno portafogli di investimento molto prudenziali, l’investimento nel mercato del “mattone” è sempre stato quello più gettonato sia per un fattore culturale (è sempre stato considerato un bene rifugio che non perde di valore) che per un fattore di necessità in quanto, specie negli ultimi anni, i tassi di interesse delle banche sui mutui erano molto bassi.
Come dicevo pocanzi, l’immobiliare, è stato sempre ritenuto un bene rifugio, che non perde valore ma non è così.
Dal 2015 al 2021 in realtà, nel 90% delle città italiane, c’è stata una diminuzione dei prezzi sia sul nuovo che sull’ “usato” del 6% ( oltre a quello post crisi 2008 di circa un 20%): per fare un esempio se 10 anni fa avete chiesto un mutuo per una casa che valeva 100 mila euro (e non vivete in città come Milano o Roma), state perdendo circa il 30% sul vostro “investimento” in quanto continuate a pagare la stessa cifra + gli interessi ma il valore non è più lo stesso.
Nel breve periodo tuttavia, vista la continua ed inarrestabile crescita dell’inflazione e costi di materie prime, i prezzi potrebbero aumentare e non di poco, specie sul nuovo.
Piano d’accumulo
Non necessariamente parcheggiare la propria liquidità vuol dire tenerla in un conto deposito oppure su un prodotto monetario.
Per chi vuole incrementare il proprio rischio, cercando di far rendere il proprio capitale (o quantomeno proteggerlo dall’inflazione), l’idea di aprire un piano pluriennale di accumulo (in gergo chiamato PAC), è quella che va per la maggiore.
Questa formula avviene depositando periodicamente una cifra prestabilita, indipendentemente dall’andamento del mercato, acquistando poi degli ETF (exchange traded fund, ossia dei fondi a gestione passiva che replicano l’andamento di un determinato indice, con costi molto contenuti).
Poichè il PAC di solito si alimenta con cadenza mensile o trimestrale, l’impiego della liquidità si spalma nel tempo e questa modalità consente, da un lato di evitare che si accumuli liquidità in eccesso sul conto accusando di più la riduzione del potere d’acquisto, visto la fase crescente dell’inflazione e dall’altro di entrare sul mercato in momenti differenti, gestendo così in maniera equilibrata la volatilità e, nelle fasi di ribasso degli indici, sfruttando la possibilità di acquistare un numero maggiore di quote.
La prima cosa da valutare quando si va a costruire un PAC è la sua struttura. L’investimento del piano deve essere diversificato per settori e per aree geografiche mixando la parte azionaria con quella obbligazionaria o di materie prime
Andrea Coslovi