Il salario minimo in Italia
Nelle ultime settimane si è parlato molto di potere di acquisto corroso dall’inflazione e di quanto sia difficile la vita in Italia con gli stipendi così bassi.
Infatti l’Italia è l’unico stato della comunità europea che ha registrato negli ultimi 30 anni una riduzione nella retribuzione del 3%; paesi dell’ex unione sovietica come Estonia e Lituania hanno registrato aumenti di oltre il 200% mentre le vicine Germania e Francia di circa il 30%.
Da quando è stato introdotto il reddito di cittadinanza poi è capitato di trovarsi in situazioni, soprattutto al sud Italia, dove la retribuzione proposta per l’ipotetico lavoro, fosse inferiore a quella che si percepiva con il reddito di cittadinanza.
Ben in 21 Paesi dei 27 Stati della comunità europea esiste il salario minimo;
tra i Paesi della UE, il salario minimo non esiste, oltre che all’Italia, soltanto in Danimarca, Austria, Finlandia, Svezia e Cipro.
Cos’è il salario minimo
Il salario minimo è la retribuzione base per i lavoratori di differenti categorie che è stata stabilita per legge e non può essere in alcun modo ridotta.
Si parla da diversi anni in Italia, di far scegliere alla legge e non solo ai datori di lavoro e candidati, il livello della retribuzione.
Vi sono state numerose proposte di legge negli anni passati che però non sono andate mai a buon fine.
Come viene fissato il salario minimo dalla legge? Basandosi sul modo di fare degli stati europei, possiamo dire che il calcolo del salario minimo viene fatto basandosi su diversi parametri come produttività, PIL, l’indice dei prezzi al consumo e l’andamento generale dell’economia, monitorando periodicamente e valutando se l’importo è tale da mantenere il medesimo potere d’acquisto.
Va da sé che in ogni Stato, l’importo minimo sarà diverso: andiamo dai 2200€ del Lussemburgo ai 312€ della Bulgaria, fanalino di coda dell’Europa in questo ambito.
Chissà che le elezioni di settembre possano dare una spinta per far allineare l’Italia agli altri Stati membri con l’introduzione del salario minimo e la riduzione del tasso di disoccupazione.
Andrea Coslovi