Guerra ed Inflazione
Gli effetti della guerra in Ucraina, iniziano a farsi sentire sulla crescita economica degli stati europei reduci dal forte rimbalzo dello scorso anno.
Dopo quattro trimestri di crescita del Pil, l’Italia ha registrato un – 0,2% dimostrandosi di fatto il paese più colpito della zona euro.
La stima preliminare che ha, come sempre natura provvisoria, riflette dal lato dell’offerta una crescita dell’agricoltura, una sostanziale stazionarietà dell’industria ed un calo dei servizi.
Mai come in questo momento le previsioni sono volatili e legate alle sorti della guerra in Ucraina, con le ripercussioni su materie prime, energia e catene di fornitura. Parlando del Def, l’esecutivo scommette su “una moderata ripresa, grazie ai servizi”, ma non nasconde i “rischi al ribasso” che pesano sullo scenario. La stessa Confindustria sostiene che i veri rincari dell’energia ed i costi di materie prime e trasporti, colpiranno l’industria nel secondo trimestre.
Determinante per sapere se saremo in recessione tecnica (due trimestri di fila di PIL con il segno negativo) oppure no, sarà la partita del gas: nel documento di economia e finanza si tracciavano due scenari di fronte alla chiusura dei rubinetti russi: nel primo, di tenuta grazie alla efficiente diversificazione delle fonti, il Pil del 2022 potrebbe cavarsela con una perdita di 0,8 punti quest’anno e 1,1 nel 2023.
Ben più grave il conto in caso di incapacità di sostituire perfettamente il gas di Mosca: i prezzi delle bollette salirebbero ulteriormente e l’economia scenderebbe di oltre 4 punti in due anni.
Una parziale buona notizia arriva invece dalla stima dell’inflazione, che ad aprile rallenta dopo nove mesi di crescita: l’indice registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 6,2% su base annua contro il 6,5% dello scorso mese, un livello che comunque non si registrava dal 1991.
L’inflazione annuale dell’area euro in compenso, stando alla stima di Eurostat, è stata ad aprile del 7,5%, in aumento rispetto a marzo.
Andrea Coslovi