L’Istat, L’Istituto Nazionale di Statistica, registra, ma era un sentore che tutti avvertivamo, come una vocina che ci diceva che le cose non andavano per il verso giusto, un calo senza precedenti in tutti i settori, -17,3% sullo stesso periodo dell’anno scorso. Questo dato risulta essere il peggiore dal 1995. Per il mese di Luglio inflazione a -0,1% sul mese e -0,3% sull’anno
Dunque se mai ci fosse bisogno, la pandemia da Covid ci presenta un conto veramente salato da oltre 50 miliardi di euro all’economia italiana. A certificarlo è il calo del Pil, il cosiddetto Prodotto Interno Lordo che, nella stima preliminare dell’Istat, crolla del 12,4% su base congiunturale e del 17,3% su base annua nel secondo trimestre 2020.
Nessuno pensava ed aveva sentore che il nostro paese, nonostante la situazione veramente difficile potesse avere una contrazione così forte “senza precedenti” come la definisce l’istituto di statistica, dalle cui tavole emerge come il valore del prodotto, tra aprile e giugno, si sia ridotto di 50,289 miliardi rispetto ai primi tre mesi dell’anno. “Dopo la forte riduzione registrata nel primo trimestre (-5,4%)”, sottolinea l’Istat, “l’economia italiana nel secondo trimestre 2020 ha subito una contrazione senza precedenti (-12,4%)”.
Questo crollo è dovuto a diversi fattori, in primis il fatto che il focolaio della pandemia che ha colpito la provincia di Milano ed altre zone a macchia di leopardo qua e là nel paese, in un momento in cui nessuno immaginava che da noi si potesse verificare un focolaio cosi improvviso e di dimensioni così devastante che ha visto numerosi ospedali trovarsi in prima linea nell’affrontare una situazione imprevista ed alla quale diciamolo pure francamente le nostre strutture non erano in alcun modo preparate .Per contenere dunque tale fenomeno si è approntato il piano del distanziamento sociale e del lavorare da casa per non favorire il contagio ,e fare in modo che nei primi mesi del verificarsi di tale fenomeno nelle aziende non ci fosse o potesse verificarsi una seconda ondata immediata del contagio con effetti deleteri sul nostro sistema produttivo ed economico. Però se da un lato questo ha dato risultati importanti di cui essere fieri, dal lato dei malati, dei ricoverati, dei guariti, e dei decessi, veramente ai minimi da allora, dall’altro ha creato una Caporetto economica dal punto di vista dei consumi, che ha deflagrato e ha prodotto la situazione che oggi abbiamo sotto gli occhi e certificata dall’Istat.
Un crollo dunque determinato dal “pieno dispiegarsi degli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate. Con il risultato del secondo trimestre”, rileva ancora l’istituto di via Cesare Balbo, “il Pil fa registrare il valore più basso dal primo trimestre 1995, periodo di inizio dell’attuale serie storica”. A frenare e’ il valore aggiunto registrato in tutti i comparti, dall’industria all’agricoltura ai servizi, ecc .
Ma a preoccupare è anche l’andamento del costo della vita che alimenta sempre di più lo spettro di una deflazione, nonchè il timore che andando verso la stagione autunnale, la situazione possa peggiorare ancora in maniera decisamente più marcata, anche se non viene detto, con preoccupazione per eventuali tensioni che possono o potrebbero dispiegarsi a livello sociale. Ritornando al dato del mese di luglio, l’inflazione è risultata negativa per il terzo mese consecutivo, come non accadeva da maggio 2016.
Secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,1% su base mensile e dello 0,3% su base annua (da -0,2% del mese precedente).
L’inflazione negativa, spiega l’istituto di statistica, continua a essere determinata per lo più dagli andamenti dei prezzi dei beni che fanno riferimento al settore energetico, che registrano però una flessione meno marcata (da -12,1% a -9,7%), sia nella componente regolamentata (da -14,1% a -12,0%) sia in quella non regolamentata (da -11,2% a -9,0%).
L’ulteriore decimo di punto in meno registrato a luglio si deve quindi sia al rallentamento dei prezzi dei Beni alimentari (da +2,3% a +1,5%, a causa prevalentemente di quelli degli Alimentari non lavorati, che passano da +4,1% a +2,5%) sia all’ampliarsi della flessione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da -0,1% a -0,9%).
Pur tuttavia non tutte le notizie che arrivano sono negative, qualche segnale di ripresa si avverte, ed una buona notizia arriva invece dalle vendite al dettaglio, legate e sostenute soprattutto dal commercio elettronico. C’è stato un forte incremento, in questo comparto con le vendite che sono balzate a giugno del 12,1% in valore e del 12,5% in volume. In particolare, quelle dei beni non alimentari sono cresciute del 24,4% in valore e del 24,7% in volume, mentre quelle dei beni alimentari sono diminuite lievemente in valore e in volume (-0,6%).
In questo modo, l’indice destagionalizzato delle vendite è tornato a 101,8, poco distante dal 102,9 segnato a gennaio, subito prima dell’esplosione della pandemia di coronavirus.
Michele Minardi