Confcommercio Alessandria lancia l’ennesimo grido d’allarme, facendo propria la disperazione di centinaia di imprese, partendo da bar, ristoranti e tutti i pubblici esercizi particolarmente colpiti dalle restrizioni anti-contagio e passando poi per tutti i settori rappresentati ed in particolare i negozi di abbigliamento, calzature e accessori, in fortissima crisi a causa delle norme che stabiliscono aperture “a singhiozzo”, che annullano la programmazione aziendale e gettano tutti in un clima di totale incertezza.
Nel giorno in cui il Piemonte è tornato in zona gialla, circolano voci sui contenuti del prossimo DPCM (dal 16 gennaio), a dir poco sconcertanti: non riaprire i confini regionali significa infatti sancire in via definitiva la morte di tantissime attività.
Inaccettabile poi l’idea di vietare ai bar l’asporto dopo le 18. I pubblici esercizi, che ancora aspettano i ristori di novembre, per non parlare di quelli di Natale, cosa dovrebbero fare per sopravvivere? Perché questo accanimento contro una categoria?
Così Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi: “Le promesse non sfamano le persone. Prendiamo atto delle dichiarazioni del ministro Di Maio e della vice ministro Castelli e ci auguriamo che si trasformino al più presto in versamenti sui conti correnti”.
Per Vittorio Ferrari e Alice Pedrazzi, presidente e direttore Confcommercio Alessandria, “Il tempo è davvero scaduto. Se non si interviene oggi, con un modo differente di “convivenza” col virus e di sostegno alle imprese, una volta battuto il virus, ci volteremo a guardare le nostre imprese e non le troveremo più. Da dove ripartirà, allora, il Paese?”.