Dalla fotografia…al selfie!
Si dice spesso che un’immagine vale più di mille parole. Guardando una vecchia fotografia, infatti, ci è possibile “viaggiare” da momento a momento, rivivendoli come se fosse la prima volta e riscoprendo emozioni ormai lontane, esattamente come quando sentiamo un profumo familiare che evoca quella determinata situazione, quel momento o quella persona cara.
Proprio come diceva Proust, la fotografia è l’arte di mostrare di quanti istanti effimeri la vita sia fatta; il tempo, infatti, ci scorre incessante tra le dita e la fotografia è un modo per fermarlo, cristallizzarlo almeno per un po’.
Fotografare vuol dire passare da “registrare la realtà per ricordo” a “comunicare attraverso l’immagine”. Con uno scatto si può catturare un mondo ma non basta semplicemente guardare nell’obiettivo e trovare qualcosa che ci piace: è necessario liberare la fantasia, sapersi ascoltare per un attimo, cogliere il momento per trasmettere quello che si ha dentro con un click e cacciare fuori l’emozione.
Credo che specialmente per noi giovani che forse più di tutti avvertiamo in modo così evidente, quasi prepotente, la trasformazione e il cambiamento ogni giorno sulla nostra pelle, la fotografia possa essere molto importante: oltre ad essere uno strumento per sviscerare certe emozioni che con la parola magari risulta essere più difficoltoso esprimere, è sicuramente il modo più rapido per appropriarci della fugacità del tempo moderno. E noi, a differenza di chi c’è stato prima, abbiamo avuto la possibilità di “avere tutto e subito” anche nella fotografia: siamo infatti passati dallo sviluppo delle foto da rullino in alcuni giorni alla fotografia digitale ed infine all’utilizzo dello smartphone. La nascita di idee e strumenti nuovi al passo con il tempo è sempre una cosa positiva e stimolante, in quanto permette di ampliare mondi, conoscenze, espressioni artistiche: scattare foto con lo smartphone è un altro modo di raccontare la realtà circostante, che i filtri messi a disposizione abbelliscono ulteriormente. In sostanza: la capacità di raccontare ed emozionare non è associata e/o condizionata dallo strumento che si utilizza, anzi.
Parlando del rapporto dei giovani con la fotografia e con lo sviluppo di nuove tecniche non è possibile però non fare riferimento alla moda, ormai diffusissima, del selfie. I giovani, così come ormai numerosi adulti, amano condividere la propria vita e i propri stati d’animo attraverso una fotografia scattata velocemente nell’istante in cui si sta vivendo. Ma tralasciando la differenza sostanziale che c’è tra le varie rappresentazioni fotografiche, dietro “l’ossessione” di comunicare con le foto di se stessi, in posa e studiate ad hoc, si nasconde spesso molto di più: il tempo trascorso sui social, dove i canoni di bellezza sono spesso alterati ed irrealistici e la consapevolezza di non poterli raggiungere, il continuo incontro/scontro con immagini perfette hanno portato allo sviluppo della necessità di alterare, almeno virtualmente, la percezione e l’immagine di se stessi. Siamo sottoposti, fin dall’infanzia, alla pressione di media che diffondono una sorta di “obbligo” a soddisfare precisi criteri di bellezza e, al tempo stesso, una pericolosa abitudine al controllo dell’immagine. Da qui l’uso spasmodico di filtri, effetti e ritocchi funzionali al ricevere l’approvazione degli altri con il tentativo di mostrarsi impeccabili. Insomma: la pratica dei selfie, da strumento divertente per costruire la propria identità, per alcuni adolescenti può trasformarsi in una vera e propria pressione individuale e sociale. Cercare di essere “perfetti” ha un costo e in un mondo in cui l’apparire conta molto più dell’essere e il desiderio di approvazione sociale è pane quotidiano per noi giovani di oggi, il prezzo da pagare è alto. E non è forse questa la perdita della felicità? Dover passare necessariamente per l’approvazione degli altri, anche di un mondo così sconfinato come quello virtuale, perdendo la propria autenticità?
Ludovica Italiano