Nottata da incubo nella Casa circondariale di Cuneo, dove solo grazie al tempestivo e professionale intervento della Polizia Penitenziaria si è impedito che un detenuto si togliesse la vita.
La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria per voce di Vicente Santilli, segretario regionale: “Questa notte un detenuto italiano si è impiccato in cella con un rudimentale cappio. Sono stati momenti di grande tensione: prontamente il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto per salvargli la vita, slegando il cappio e prestando i primi soccorsi con il massaggio cardiaco praticato dal medico. Il detenuto è stato poi trasportato all’Ospedale cittadino, dove si trova tuttora. Restano ignoti i motivi del gesto. In ogni caso la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio. Chi finisce nelle maglie della devianza spesso è porta con sé problemi sociali e familiari”.
Le statistiche
Il segretario generale del SAPPE, Donato Capece, ricorda che “negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 24.000 suicidi, impedendo che quasi 195.000 atti di autolesionismo potessero avere brutte conseguenze”.
E richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sul suicidio in carcere aveva sottolineato come esso “costituisca solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte stress per il personale di polizia e per gli altri detenuti”.