Da Coldiretti di Alessandria la richiesta di un’azione forte a tutela del settore: la campagna 2016 si sta rivelando la stagione più dura per gli agricoltori, una situazione insostenibile e con criticità per il presidente provinciale Roberto Paravidino.
“Servono interventi urgenti per determinare regole di democrazia economica, un’etichettatura trasparente per i prodotti da forno, pane e pasta e intensificare i controlli sul grano importato per garantire livelli di rispetto degli standard qualitativi e sanitari. Coldiretti Alessandria ha chiesto al Consiglio Nazionale e all’Assemblea, convocata per domani, di organizzare al più presto azioni forti a sostegno e a difesa del settore cerealicolo per fronteggiare una crisi che sta mettendo a rischio migliaia di aziende e le produzioni Made in Italy sia di grano duro che tenero, cosa che i nostri, posso dire, stanno già facendo”.
Parole dette dal presidente provinciale Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino che vogliono sottolineare il momento difficile che sta vivendo il comparto e per ribadire che partirà dalla provincia di Alessandria, considerata uno dei granai più importanti d’Italia, il grido di allarme per una situazione che sta diventando insostenibile.
Sono i numeri a parlare chiaro: a livello provinciale attualmente sono coltivati circa 33.000 ettari con una resa media di cinquanta quintali per ettaro per una produzione annua pari a circa 1.800.000 quintali. A livello nazionale, sempre per quanto riguarda il grano tenero, coltiviamo 600 mila ettari a grano tenero per una produzione di 3,0 milioni di tonnellate.
L’industria alimentare dei prodotti da forno si attesta su una produzione di 1,1 milioni di tonnellate prodotte nel 2014, per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro.
Nel 2015 abbiamo esportato 482 mila tonnellate di prodotti da forno (+5,5% rispetto al 2014), per un valore di oltre 1,7 miliardi di euro (+9,6%).
La nostra propensione all’export nel settore prodotti da forno raggiunge oggi il 41,5% ed è in prospettiva di crescita. Importiamo 4,8 milioni di tonnellate di grano tenero.
“La campagna 2016 si sta rivelando la stagione più dura per i nostri agricoltori, nel primo trimestre del 2016 le importazioni complessive di frumento duro, tenero in Italia sono aumentate del 14%. – ha continuato il presidente Paravidino – Un patrimonio minacciato dalla concorrenza straniera e dalle speculazioni basti pensare che nel 2015 la crescita delle importazioni ha raggiunto un picco di + 315% degli arrivi di frumento tenero dall’Ucraina, il paese di Chernobyl. Il prodotto importato non è sottoposto né a controlli sanitari certi rispetto alla fase produttiva e di stoccaggio, né a sufficienti controlli in arrivo nei nostri porti. Attualmente a livello globale la quantità di grano prodotto e quello stoccato supera abbondantemente i consumi. Tutto ciò oltre a mantenere il prezzo basso del grano, fa emergere il dubbio giustificato che parte del grano importato arrivi in Italia con alle spalle già tempi lunghi di stoccaggio. Il pericolo di micotossine nel frumento aumenta dopo i 18 mesi di stoccaggio”.
E i prezzi? A livello provinciale 14,3/14,5 grano tenero €/quintale e 19,6/20 grano duro €/quintale: si tratta di valori che sono inferiori a quelli di 30 anni fa e di gran lunga al di sotto dei costi di produzione sostenuti dagli agricoltori. Dal grano al pane i prezzi aumentano del 1400% mentre dal grano alla pasta l’incremento è circa del 500%. Per il cittadino il prezzo di 1 kg di pane equivale a quello di 30 kg di grano.
“Tutto ciò è il risultato di un mercato globale controllato da cinque multinazionali che utilizzano lo strumento dello stoccaggio a fini speculativi. – conclude il presidente Paravidino – In Italia, c’è chi ha contribuito a questa situazione drammatica, preferendo fare acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. Un comportamento reso possibile dalle lacune della legislazione europea e nazionale che non obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato in etichetta”.
In questo modo il “grano giramondo” contribuisce ad abbattere i prezzi sui mercati locali con il risultato che il «grano cattivo scaccia quello buono».