Cosa differenzia un prodotto light da uno vegano? Quando si parla di integrale cosa si intende, e qual è la differenza tra grassi saturi e insaturi?
Sono solo alcuni degli argomenti che hanno caratterizzato il convegno dal titolo “La spesa svelata” organizzato da Coldiretti Alessandria e Donne Impresa sulla rintracciabilità delle produzioni e sul saper interpretare in modo corretto le etichette.
Un argomento di attualità che vede in prima linea Coldiretti da sempre, da quando si è capito che la rintracciabilità era un battaglia che più di ogni altra doveva interpretare un Paese come l’Italia che ha fatto, e fa, del suo “modello alimentare” uno dei punti di forza della sua presenza e visibilità internazionale.
Inserito nel calendario degli appuntamenti del Marzo Donna 2017 promossi all’Amministrazione Comunale di Alessandria, assessorato Politiche di Genere e Pari Opportunità, l’appuntamento ha ribadito come un terzo della spesa sia ancora anonima e come le etichette molte volte siano ingannevoli nei confronti di un consumatore che si trova spesso disorientato o, peggio, ingannato.
“Un risultato che porta ad un’amara considerazione perchè dalla lotta alla contraffazione e alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere trecentomila nuovi posti di lavoro. – ha ribadito Graziella Boveri responsabile Donne Impresa regionale e provinciale – Non dimentichiamo che è partito proprio da Donne Impresa il progetto “Coltiviamo la salute” dove la battaglia per la trasparenza di ciò che arriva sulle nostre tavole è da sempre al centro di ogni iniziativa”.
E partendo dalla storica battaglia per la rintracciabilità del latte è stato Daniele Giaccone dell’Ara Piemonte a sottolineare “la necessità di una maggiore informazione e divulgazione dei principi base che caratterizzano l’etichetta, iniziando dai grassi presenti negli alimenti”.
A come leggere in modo dettagliato il valore nutrizionale e a fare il calcolo delle calorie ci ha pensato il biologo nutrizionista GianMaria Alborino che ha illustrato con esempi concreti le differenze “in etichetta” tra prodotti senza lattosio, senza glutine o light.
Una fetta di prosciutto, una mozzarella, una goccia di olio nascondono formidabili scontri di interesse. Richiami al tricolore, strategie di marketing, politiche di prezzo. Etichette mute o scritte in modo poco chiaro. E, in mezzo a tutto questo i consumatori, con sempre meno soldi in tasca e sempre più disorientati. L’etichettatura d’origine dei prodotti agroalimentari rappresenta un obiettivo per far conoscere al consumatore la vera provenienza della materia prima.
Una cifra che potrebbe migliorare considerevolmente poiché due prodotti alimentari di tipo italiano su tre in vendita sul mercato internazionale sono il risultato dell’agropirateria internazionale che sul falso Made in Italy fattura 60 miliardi di euro nel mondo.
“A questa realtà – continua il direttore della Coldiretti alessandrina Leandro Grazioli – se ne aggiunge però una ancora più insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy. Per non parlare dei danni immensi al sistema economico procurati dall’Agromafia dove il volume d’affari complessivo annuale è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno”.
La rintracciabilità permette di offrire al consumatore garanzie di sicurezza alimentare e qualità del prodotto. “I requisiti fondamentali che un prodotto deve avere sono due: la sicurezza alimentare e le notizie sulla sua origine. – ha aggiunto Ernesto Pasquale dell’Adiconsum – Noi siamo dalla parte del cittadino, il nostro obiettivo non è solo quello di trovare soluzioni ma cercare di mettere in guardia i consumatori da truffe e inganni”.
Se poi i prodotti acquistati sono a chilometro zero ancora meglio perché rappresentano un segnale di attenzione al proprio territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda, ma anche un sostegno all’economia e all’occupazione locale. Una responsabilità sociale che si è diffusa tra i cittadini nel tempo della crisi con la crescita ai mercati contadini che in Italia che sono diventati non solo luogo di consumo ma anche momenti di educazione, socializzazione, cultura e solidarietà.
L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro dalla Cina i cui arrivi sono aumentati del 379% nel 2015 per un totale di 67 milioni di chili, secondo la Coldiretti. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 7 giugno 2005 l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.
Il prossimo passo è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta come previsto nello schema di decreto che introduce l’indicazione obbligatoria dell’origine del grano impiegato nella pasta condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e già inviato alla Commissione Europea.
L’ETICHETTA DI ORIGINE SULLA SPESA DEGLI ITALIANI
Cibi con l’indicazione origine | e quelli senza |
Carne di pollo e derivati | Salumi |
Carne bovina | Carne di coniglio |
Frutta e verdura fresche | Carne trasformata |
Uova | Frutta e verdura trasformata |
Miele | Derivati del pomodoro diversi da passata |
Passata di pomodoro | Concentrato di pomodoro e sughi pronti |
Latte/Formaggi | Derivati dei cereali (pane, pasta) |
Pesce | Riso |
Extravergine di oliva |
Fonte: Elaborazioni Coldiretti