Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di Coldiretti Alessandria.
“Nemmeno nella tragica inondazione del ‘94 l’acqua è arrivata in chiesa”. A parlare così è Mons. Ivo Piccinini, consigliere ecclesiastico della Coldiretti di Alessandria che ieri non ha potuto celebrare la funzione della domenica a causa dell’alluvione che sta mettendo in ginocchio l’economia e l’agricoltura della provincia.
Danni, ingenti, molti e difficili da quantificare alle strutture, ai campi appena seminati al mais ancora da raccogliere a chi si ritrova a dover cercare un ricovero per gli animali da collocare.
Serre spazzate via in pochi minuti e strade completamente cancellate: è questo il quadro che emerge raccogliendo le testimonianze dagli abitanti che hanno dovuto fare i conti con il torrente Grue, l’Orba, il Lemme, il Rio Lovassina e poi, naturalmente il Tanaro e Bormida che rimangono su valori al di sopra della soglia di pericolo.
Una situazione pesante dove ad avere la peggio sono state le colture orticole, fiori e piante, abbattuti alberi da frutto e insieme ai vigneti sono andati distrutti i raccolti di insalata, zucche, zucchine e finocchi.
Negli ultimi tre giorni la provincia è stata interessata da precipitazioni cumulate significative, il fiume Po ha invece raggiunto i valori massimi nelle sezioni di Valenza e Isola S.Antonio con valori prossimi all’attenzione. E dopo la tregua di ieri, oggi le previsioni meteo prevedono un peggioramento delle condizioni. La situazione è difficoltosa in gran parte della provincia per le strade ancora chiuse, gli allagamenti e le frane soprattutto nelle zone di Viguzzolo e Castelnuovo Scrivia: continuano ad essere molte le frazioni isolate.
Adesso il pericolo deriva dal persistere dell’acqua sui terreni che mette a serio rischio la sopravvivenza anche di vigneti e frutteti, che non possono resistere a lungo in un ambiente asfittico come quello creato dall’inondazione. Le coltivazioni di grano e degli altri cereali invernali sono state spazzate via dalla forza dell’acqua, problemi anche a Gavi dopo l’arrivo della seconda frana sul Forte che ha interessato il versante dove c’è la strada che conduce alla fortezza: complicazioni legate ad un dissesto idrogeologico che ha avuto un impatto devastante per i pregiati vigneti di Gavi Docg.
«Stiamo raccogliendo e monitorando tutte le segnalazioni e verificando con i nostri tecnici l’entità di questo nuovo grave colpo per l’agricoltura alessandrina. – afferma Simone Moroni direttore della Coldiretti provinciale – Ad essere colpite, specie nel Tortonese e Novese, anche diverse aziende che già avevano riportato parecchi danni in seguito all’alluvione dello scorso 13 ottobre e alle altre ondate di maltempo che ne sono seguite. Ci stiamo attivando e coordinando sul territorio con le istituzioni e la Protezione Civile per portare soccorsi alle imprese rimaste isolate. I danni però saranno misurabili solo quando l’acqua sarà scesa e sarà possibile constatare lo stato di salute delle coltivazioni, e quindi lo stato dell’arte dei terreni. Insomma, i conti si faranno alla fine”.
Negli ultimi 20 anni per riparare i danni di frane ed alluvioni è stato speso quasi il triplo di quanto è stato stanziato per la prevenzione. I dati che emergono dalla Conferenza nazionale sul rischio idrogeologico non lasciano dubbi: sono 8,4 i miliardi di euro di finanziamenti statali dati a politiche di prevenzione a fronte di una spesa 22 miliardi di euro nello stesso periodo per riparare i danni causati da frane ed alluvioni.
“Il bilancio peraltro è ancora più grave – aggiunge il presidente provinciale Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino – se si considerano le vittime e tragedie familiari che frane e alluvioni hanno provocato. Investire nella prevenzione è sempre più urgente precipitazioni, sempre più violente e frequenti per i cambiamenti climatici in un Paese dove con più di 5 milioni i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni, 82 per cento del totale, che hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione”.
A questa situazione di fragilità territoriale non è estraneo il fatto che l’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono che ha tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo.
“E’ inquietante il dato che emerge dall’Ispra. – continua il direttore Moroni – Negli ultimi venti anni, infatti, 480 metri quadrati al minuto di territorio sono stati coperti ininterrottamente con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade con la conseguente perdita di aree aperte naturali o agricole capaci di assorbire l’acqua in eccesso. E le conseguenze oggi sono sotto gli occhi di tutti”. Per proteggere il territorio e i cittadini che vi vivono, l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento del ruolo, economico, ambientale e sociale dell’attività agricola.
“La prevenzione deve essere una priorità se non si vuole pagare ogni volta il conto di decine di milioni di euro di danni. – concludono Paravidino e Moroni – Per intervenire, non bisogna aspettare la calamità naturale: servono politiche mirate contro la cementificazione selvaggia e l’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato”.