Cia organizza la manifestazione per la Peste suina africana. Il 28 febbraio a Rossiglione con agricoltori, cittadini e istituzioni
Cia scende in campo contro la Peste suina africana. L’appuntamento, d’intesa con Cia Piemonte e Liguria, è per lunedì 28 febbraio, a Rossiglione (Genova), con una manifestazione nel cuore della zona infetta insieme ad agricoltori, cittadini e rappresentanti del mondo delle istituzioni. A partire dalle ore 11, al Teatro Comunale in piazza Giacomo Matteotti, Cia farà sentire la sua voce per denunciare l’emergenza in atto, a causa della crescita incontrollata della fauna selvatica, e per chiedere interventi tempestivi a sostegno dei territori colpiti e di tutto il settore.
Secondo Cia, infatti, ci sono provvedimenti non più rinviabili, come l’immediata e drastica riduzione del numero di cinghiali; il rimborso rapido, senza vincoli e burocrazia, del 100% dei danni subiti dagli agricoltori per la peste suina; la radicale riforma della legge 157 del 1992 per un nuovo modello di gestione della fauna selvatica.
Commenta Daniela Ferrando, presidente Cia Alessandria: «Mentre il virus si propaga con grande velocità, le misure del decreto appaiono molto poco tempestive. Malgrado l’emergenza, occorrono ben trenta giorni per la stesura dei piani regionali di intervento per l’eradicazione della PSA nei cinghiali e almeno altri venti per l’ottenimento del parere dell’Ispra e del Centro di referenza nazionale per la peste suina. In merito alla figura del commissario straordinario -di cui è, peraltro, ancora attesa la nomina- le funzioni attribuite sono solo di coordinamento e verifica di corretto svolgimento delle operazioni. Sembra, altresì, paradossale che vengano assunti dieci veterinari per affrontare l’emergenza, ma alla Direzione centrale del Ministero della Sanità e non sul territorio».
Per Cia, sembra, infine, ci sia poca attenzione alle aree interne della “zona rossa”, che restano ancora in attesa degli indennizzi previsti. Non vanno, infatti, dimenticati i danni indiretti alle aziende agricole legate all’ospitalità e alla silvicoltura che non hanno altri sbocchi produttivi e rischiano gravi ripercussioni economiche, che si vanno ad aggiungere a quelle subite per le restrizioni dovute alla pandemia da Covid nell’ultimo biennio.