Vi proponiamo un interessante articolo, un po’ particolare se volete, pubblicato dall’agenzia Adnkronos lo scorso 23 giugno 2023.
Mezzo secolo fa un team di chirurghi in Texas ebbe l’intuizione di realizzare la prima protesi peniena che sostituisce il sistema idraulico del pene danneggiato dal tumore alla prostata. Da allora sono migliorate le tecniche e i materiali, e per il futuro è allo studio una nuova generazioni di protesi ‘touchless’, di più facile utilizzo, che al posto della ‘pompetta’ hanno un neurotrasmettitore modulare che percepisce lo stimolo eccitativo dal sistema nervoso centrale per innescare l’erezione. A fare il punto fu allora, nel mese di giugno, la Società italiana di andrologia (Sia), durante il congresso nazionale tenuto a Roma. Gli esperti richiamarono l’attenzione delle istituzioni sul fatto che In Italia “appena un paziente su 10 accede all’impianto tramite servizio pubblico o convenzionato”.
La storia
Dalle protesi di legno create nel XVI secolo in Francia da Ambroise Paré, all’inserimento di ossa degli anni ’30, alle stecche acriliche degli anni ’50, fino all’inserimento di impianti di polietilene negli anni ’60, si attese fino a luglio del 1973 per l’impianto della prima protesi peniena idraulica descritta sulla rivista ‘Urology’ da Scott, Bradley e Timm.
L’intervento, eseguito con successo senza problemi di rigetto né di infezioni dagli autori presso la divisione di Urologia del Baylor College of Medicine Texas Medical Center di Houston, Usa, venne realizzato con due pompe anziché una, collocate nella zona scrotale, e l’inserimento submuscolare nell’addome di un serbatoio piatto, che divenne poi cilindrico. Il cambio di forma fu dettato soprattutto per facilitare il lavoro del chirurgo.
Le parole
“Dal primo impianto, le protesi sono evolute con l’avvento di nuove tecnologie, nuovi materiali, e con il perfezionamento della tecnica chirurgica sono diventate una procedura sicura, mininvasiva ed efficace. Il posizionamento protesico richiede circa un’ora ed è completamente nascosto perché non ci sono componenti esterne – illustra Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia all’università Federico II di Napoli – la convalescenza è molto breve e i tempi di recupero complessivamente rapidi: nel giro di un mese e mezzo circa si può riprendere ad avere una vita sessuale attiva con una erezione ripristinata al 100%. Il principale rischio è quello di infezione della protesi, che ne richiede l’immediata rimozione. Tale complicanza è tuttavia molto bassa e avviene in 1 caso ogni 1.000 impianti”.
La sperimentazione
“Oggi è in sperimentazione presso l’ospedale universitario Eleuterio Gonzalez della Universidad Autonoma di Monterrey, in Messico, un prototipo penieno che ha il vantaggio di essere attivato senza la necessità di pompare manualmente sullo scroto, come avviene tipicamente negli impianti idraulici convenzionali – racconta Simone Cilio, andrologo del dipartimento di Neuroscienze, Scienze riproduttive e Odontostomatologia, unità di Urologia dell’università Federico II di Napoli – in questo caso è un neurotrasmettitore modulare che percepisce lo stimolo eccitativo dal sistema nervoso centrale per innescare l’erezione. Per il futuro, si sta studiando anche un altro meccanismo che permette di innescare la funzione di erezione per induzione termica, grazie alla attivazione di un elettromagnete”.