Si conferma l’eccellenza della Cardiochirurgia e della Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo: le scorse settimane, le equipe multidisciplinari delle due strutture hanno effettuato un intervento di doppia sostituzione valvolare, aortica e mitralica, mediante tecnica “TAVI”, ossia una tecnica chirurgica mini invasiva, in una paziente di 78 anni, già operata in precedenza.
La notizia positiva è che l’intervento è perfettamente riuscito e la paziente è stata dimessa dal reparto di Cardiochirurgia con piena soddisfazione sua e di tutti i professionisti coinvolti in questa operazione innovativa. La doppia sostituzione valvolare è stata eseguita da tre équipe congiunte: quella di Cardiochirurgia, diretta dal dott. Domenico Mercogliano e formata dai dottori Andrea Audo e Corrado Cavozza; quella di Cardiologia, diretta dal dott. Gianfranco Pistis e formata dai dottori Giorgio Ballestrero, Maurizio Reale e Annamaria Costante; quella di Anestesia, diretta dalla dottoressa Ermelinda Martuscelli con la dottoressa Astrid Cardinale.
La complessità dell’azione era legata all’età della paziente e ai suoi precedenti: le sue condizioni erano molto critiche e un intervento a cuore aperto era controindicato, così come alcuni valori relativi alla pressione, che non permettevano l’utilizzo abituale delle TAVI, cioè un impianto di nuove valvole all’interno di quelle già presenti, con trauma chirurgico ridotto al minimo.
Spiega il dottor Mercogliano: “Abbiamo riunito l’”Heart Team“, costituito da cardiologi, cardiochirurghi, anestesisti, ed abbiamo deciso di adottare una strategia ibrida: inserire due nuove valvole nel cuore della paziente secondo la tecnica “TAVI” attraverso la punta del ventricolo sinistro, mediante una piccola (4 – 5 cm.) incisione laterale sul torace, assistendo il cuore mediante la macchina per la circolazione extracorporea, collegata all’arteria ed alla vena femorali. Siamo ora particolarmente soddisfatti del risultato, soprattutto alla luce della difficoltà di partenza, ma quello che ci rende più orgogliosi è la buona condizione della nostra paziente”.