La questione amianto frena la creazione delle nuove cave dell’alessandrino
Dati e parametri contestati da Arpa di Piemonte e Liguria
L’amianto fa paura in provincia di Alessandria, al punto di spaccare un fronte istituzionale piuttosto compatto sull’avanzamento del Terzo Valico dei Giovi.
Il tutto è successo a fine ottobre. Le Arpa di Piemonte e Liguria hanno contestato le metodologie di rilevamento e trattamento del materiale amiantifero, adottate dal Cociv nei cantieri della Grande Opera, ritenendole soggette a un margine di errore del 98%.
Da parte sua, il general contractor ha rivendicato la correttezza del protocollo applicato, poiché conforme alle disposizioni del Decreto Ministeriale n. 161/2012.
Tale divergenza di vedute ha portato a dure reazioni da parte degli enti locali, nello specifico il Comune di Alessandria.
Rita Rossa, infatti, ha deciso di sospendere le deliberazioni che avevano autorizzato l’inserimento delle cave alessandrine (Bolla, Guarasca 1 e 2, Clara e Buona) tra i siti di deposito del primo lotto del Terzo Valico.
L’atto, minacciato anche dal primo cittadino di Pozzolo Formigaro, Domenico Miloscio, non sarà revocato “finchè l’Arpa non avrà sciolto ogni possibile dubbio sulla questione dello smarino”.
A seguito di questi avvenimenti, lo scontro tra Cociv e le altre parti in causa nella costruzione del valico ha subito un’ ulteriore recrudescenza.
Nelle scorse settimane è stato preparato l’aggiornamento del Piano di Utilizzo delle Terre (PUT), ad accogliere alcune richieste delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale, mosse agli inizi di novembre.
Il nuovo documento contiene una modifica della modalità di analisi delle rocce estratte dai cantieri: invece di essere setacciata e analizzata solo la parte finale del materiale, si obbliga il Cociv a prenderlo in esame nella sua interezza.
Ciò concerne non solo la ricerca dell’amianto, ma anche quella dei metalli pesanti (nichel, cromo e altri).
Inoltre, si richiede il rispetto dei limiti stabiliti nella tabella A del già citato Decreto Ministeriale.
Il Consorzio Collegamenti Integrati Veloci, però, non ci sta.
Esso ha deciso di opporsi alle nuove disposizioni ricorrendo alla via giudiziaria, nello specifico al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
Dall’altra parte della barricata si trovano il Ministero dell’Ambiente, Regioni Piemonte e Liguria e le rispettive Arpa.
l Cociv contesta che le nuove regole porterebbero all’allungamento dei tempi, sia per i controlli che per i lavori in cantiere, e all’aumento dei costi (oggi ammontanti a 6.2 miliardi di euro, a carico dei contribuenti).
Il general contractor vuole fare riferimento alla tabella B invece della A, con limiti meno rigidi.
Inoltre, è sua intenzione evitare che l’obbligo di cave a destinazione urbanistica industriale, dove smaltire i materiali di scarto, lo porti a rivoluzionare il piano cave.
Sedi di deposito di quel tipo non sono così frequenti e la loro ricerca potrebbe portare a estendere le tempistiche di realizzazione della Grande Opera.
Stefano Summa