Il rapporto di Legambiente prova il legame della criminalità con il ciclo dei rifiuti
Cemento, grandi opere, appalti: molti i soggetti coinvolti nelle inchieste
Il traffico illecito dei rifiuti rappresenta una delle attività più redditizie per il crimine organizzato ed è ormai noto che esso non si limiti solo al Meridione ma che sia ampiamente esteso al Nord Italia, a comprendere anche il territorio alessandrino.
A fornire un quadro complessivo sugli ecoreati a livello nazionale accorre il rapporto “Ecomafia” pubblicato da Legambiente, che documenta un totale di più di ventinovemila reati accertati, di cui la maggior parte è stata denunciata in Puglia, Sicilia, Campania e Calabria. Tuttavia, anche il Settentrione ha la propria rappresentanza in questa classifica poco invidiabile: in particolare, in Piemonte si sono verificate quattrocentosessantanove infrazioni e seicentotrentuno denunce, che hanno portato a due arresti e centosei sequestri. Per Legambiente, tutto ciò rappresenta la prova del radicamento della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti, del cemento e delle Grandi Opere, contrastabile con l’intensificarsi dei controlli nei cantieri e nell’assegnazione degli appalti e l’abolizione dei subappalti e de “l’anomalo istituto del general contractor”.
Rifiuti, cemento e Grandi Opere non sono certamente termini estranei alla nostra provincia, purtroppo nemmeno lo sono gli ecoreati. A darcene una testimonianza è stata l’inchiesta dalla Procura distrettuale della Repubblica di Torino (Direzione Distrettuale Antimafia), partita nel 2011, la quale ha portato a una maxi operazione nel giugno scorso. I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico e il Nucleo investigativo del Corpo Forestale dello Stato, infatti, hanno arrestato tre persone, sequestrato cave, impianti, laboratori e mezzi di trasporto (tra cui venticinque camion) e posto undici divieti temporanei di esercizio di attività imprenditoriale per un anno (misure emesse dal GIP del Tribunale di Torino).
L’inchiesta, che coinvolge una sessantina di soggetti tra l’Alessandrino, il Pavese e il Genovese, vede tra le accuse mosse il traffico illecito di rifiuti o terre e rocce da scavo, scarti da cantieri stradali e ferroviari che, invece di essere regolarmente smaltiti, venivano depositati in cave e impianti di recupero dell’Alessandrino, provenienti da siti di bonifica nel Genovese, nel Torinese e nel Basso Piemonte. Il valore dei beni sequestrati ammonta a dieci milioni di euro, mentre il traffico illecito sembra aver fruttato ben due milioni di euro, senza dimenticare almeno un milione di euro di danno erariale per il mancato pagamento del tributo di discarica.
Stefano Summa