La città punta tutto sul benessere ma con il rischio dell’acqua inquinata.
Il territorio acquese è da sempre centro d’eccellenza per l’enogastronomia, la storia romana e le sue bellezze naturali. A vent’anni dal problema ambientale dell’acna di Cengio, torna l’incubo inquinamento derivante dall’acqua. Da qualche anno è allo studio un progetto di discarica nel territorio di Sezzadio, non molto distante da Acqui, dove si trova la falda acquifera che fornisce l’acqua alla cittadina termale attraverso i “tuboni” di Predosa. E proprio in due ex cave di località Borio è previsto il trattamento di 250mila tonnellate all’anno di rifiuti derivanti da terre e rocce da scavo, materiale di demolizione, rifiuti da bonifica, inerti attraverso la realizzazione di un impianto di bioventing, soilwashing, inertizzazione e trattamento delle acque. La ditta Riccoboni, incaricata dei lavori, avrebbe l’obiettivo di riqualificare l’area dismessa con opere di salvaguardia ambientale e la realizzazione di una pista ciclabile, un parco o campo da golf, a termine stoccaggio dei materiali. Secondo la popolazione questo progetto porterebbe solo un danno alla salute e da tempo cittadini, associazioni e sindaci sono impegnati in battaglie a suon di ricorsi e proteste. La provincia ha autorizzato lo scorso febbraio l’avvio dei lavori per via della sentenza del Tar favorevole alla ditta parmense nel ricorso contro l’iniziale diniego al progetto. L’ultima speranza è legata al ricorso presentato al Tar del Piemonte, i primi di maggio, dai comuni di Sezzadio, Acqui, Strevi, Cassine, Rivalta e Castelnuovo Bormida. Tra i ricorrenti il sindaco Baldi che si è dimesso dal consiglio provinciale poiché non informato del decreto di autorizzazione. Nell’attesa della discarica che potrebbe inquinare l’acqua di Acqui con un paradosso senza precedenti, è stata organizzata una manifestazione l’11 giugno ad Alessandria.
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L’acqua è l’elemento che caratterizza l’altro annoso problema per i cittadini acquesi: le terme, alla ricerca di un vero investitore. La città punta sul benessere termale, ma da oltre dieci anni le Terme di Acqui s.p.a. non hanno un futuro certo. Le quote di maggioranza appartengono alla regione attraverso Finpiemonte partecipazioni che gestisce l’intera struttura termale, eccetto il Grand Hotel Nuove Terme affidato dallo scorso novembre alla catena Uappala Hotels. Gli ultimi due presidenti “politici”, Pistone e Molina, hanno provato con diversi bandi a cedere le quote regionali con esiti sempre “deserti”. Dopo circa dieci anni di tentativi l’ultimo consiglio di amministrazione, presieduto da Stefano Ambrosini, è riuscito a ricevere due offerte nell’autunno dello scorso anno, una da una società estera e l’altra da un gruppo locale acquese. L’offerta più alta è stata di 16 milioni di euro da parte della società svizzera “South Marine Real Estate”, ma dopo alcune problematiche gli stessi aggiudicatari hanno rinunciato. Fino allo scorso marzo, quando le stesse cordate hanno aderito ad un nuovo bando scaduto a metà aprile.
A vincere nuovamente la società elvetica di Gianlorenzo Binaghi con l’offerta a ribasso pari a 9,5 milioni di euro accettata il 9 maggio 2016, con altri 30 giorni per concludere i vari adempimenti. Non è servita l’offerta d’importo maggiore del gruppo Orione, arrivata secondo indiscrezioni fuori tempo massimo. La cordata acquese ha annunciato l’impugnazione del bando con l’eventuale ricorso. Conflitti che non influiranno sull’apertura della piscina di proprietà delle Terme in regione Bagni la cui apertura è prevista per metà giugno. La ditta alessandrina Giordano si è aggiudicata la gestione estiva e dovrà rispristinare l’intera struttura entro fine maggio.
Salute e bellezza acquese devono fare i conti anche con l’ospedale “Galliano” al centro dei tagli regionali in base al piano di rientro del 2010. Dopo la perdita di alcuni reparti, ultimo in ordine di data il punto nascita nel 2014, ora è la cardiologia ad essere smembrata. Nel recente “accordo per l’organizzazione dei servizi sanitari” l’Azienda Sanitaria Locale di Alessandria ha ridotto il reparto da 12 a 8 posti letto, 4 non monitorati e 4 monitorati, quest’ultimi collocati in terapia intensiva al primo piano. La riorganizzazione prevede infatti il trasferimento della cardiologia allo stesso piano della rianimazione sfruttando la possibilità di avere i medici del secondo reparto a servizio anche del primo. Soddisfatti i sindaci dell’acquese, in particolare Enrico Bertero, principale fautore della battaglia per la salvezza dell’ospedale portando all’assessore regionale alla sanità Saitta quasi 20 mila fi rme raccolte nell’acquese.
Giancarlo Perazzi