Una mozione presentata dal Movimento 5 Stelle di Alessandria ha introdotto nel dibattito politico il “baratto amministrativo”, ritenuto lo strumento per far venire incontro i cittadini in difficoltà nel pagare le tasse locali e l’Amministrazione che fatica a eseguire lavori di manutenzione del “bene comune”.
Con il baratto amministrativo si permette ai cittadini di presentare progetti finalizzati allo svolgimento di lavori socialmente utili, in particolare a recuperare luoghi aperti alla cittadinanza, non più usufruibili per incuria. In cambio, l’Amministrazione attesta il lavoro che è stato svolto e s’impegna di ripagarlo in termini di agevolazioni fiscali sulle tasse locali.
La proposta del M5S non è calata dal cielo, tutt’altro. All’estero, infatti, è già realtà da qualche tempo. In Italia ha fatto il suo ingresso grazie all’articolo 24 della legge 164/2014 (“Sblocca Italia”), per cui “i comuni possono definire […] i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi” che “possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso”. “In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere”, recita il succitato articolo.
Il primo comune italiano a formalizzare il baratto amministrativo è stato Invorio (NO). Il sindaco Dario Piola ha posto come limiti all’applicabilità del dispositivo il fatto di essere residenti maggiorenni, un debito non superiore a 5000€ e un ISEE fino a 8500€. Il primo cittadino s’è detto soddisfatto per i risultati ottenuti dal baratto, cui aveva pensato prima dell’articolo 24. Ciò nonostante, non nasconde che lo stesso lascia in sospeso importanti questioni di carattere fiscale e giuslavoristico.
Stefano Summa