Il Consiglio Regionale ha definitivamente approvato in data odierna la nuova legge regionale sulla caccia. Dopo sei anni di vuoto legislativo e applicazione della legge nazionale per la mancanza di una norma organica regionale il Piemonte dispone finalmente di una legislazione di settore che riporta l’attività venatoria all’interno di confini meno devastanti. Questa è l’unica nota positiva all’interno di un quadro generale sconfortante. Certamente le associazioni che da tanti anni si battono per vedere abolita questa pratica crudele, barbara e antistorica non possono esprimere soddisfazione. Ricordiamo che la vecchia legge regionale n. 70/1996 venne abrogata nel 2012 dalla maggioranza di centrodestra guidata dal leghista Roberto Cota al solo scopo di impedire il voto popolare del referendum regionale contro la caccia già indetto per il 3 giugno 2012.
Il risultato che sortì dopo quella abrogazione fu diametralmente opposto rispetto le istanze del quesito referendario, richiesto 25 anni prima, nel 1987, da oltre 60.000 cittadini piemontesi.
La nuova legge appena approvata, pur contenendo alcuni aspetti positivi (divieto di caccia per 15 specie da sei anni cacciabili) non ci riporta nemmeno alla situazione di trent’anni fa. Nel 1988 le specie cacciabili erano 21, oggi sono ben 30.
Con questo testo viene favorito il turismo venatorio, demolito il legame cacciatore-territorio, consentita la caccia tutto l’anno, confusa l’attività venatoria con gli interventi di controllo della fauna che causa danni. Continuano ad essere cacciate specie in grave declino come il gallo forcello e la coturnice, non vengono vietate le immissioni sul territorio di fauna selvatica di allevamento, vengono delegate alla Giunta Regionale regolamentazioni che avrebbero dovuto essere scritte nella legge.
Le scriventi associazioni chiederanno al Governo di inviare questa nuova legge all’esame della Corte Costituzionale per valutarne i suoi numerosi aspetti di illegittimità.
Ancora una volta il Consiglio Regionale si è piegato di fronte alle richieste del mondo venatorio, senza tenere in alcuna considerazione le motivate e documentate istanze delle associazioni animaliste ed ambientaliste nonché quelle dei tanti cittadini piemontesi ed italiani che sempre più spesso manifestano, nei sondaggi, nella raccolta di firme, nelle interviste ed in ogni altra utile occasione, la loro netta contrarietà alla caccia.
Tuttavia non possiamo non riconoscere l’impegno profuso da alcuni Consiglieri di vari Gruppi (Accossato, Barazzotto, Chiapello, Conticelli, Grimaldi, Ottria ed altri) e dell’intero Gruppo del Movimento 5 Stelle nella strenua battaglia che hanno condotto per molti mesi all’interno del Consiglio per difendere i diritti democratici dei cittadini piemontesi e per tutelare la tanto già martoriata fauna selvatica della nostra regione.
Unico piccolo segnale positivo il divieto di caccia la domenica per il mese di settembre. Un provvedimento non sufficiente ad accontentare le richieste delle associazioni animaliste e ambientaliste, che tuttavia sperano che questo provvedimento possa sancire l’inizio di un cambiamento e continueranno a farsi portavoce di tutte quelle persone che vedono nella caccia una pratica dannosa per gli animali e per gli esseri umani.