Macchine sommerse, negozi allagati e cantine invase dall’acqua. Risultato: tutto da buttare! Non voglio descrivere uno “scenario apocalittico” come qualcuno ha commentato, ma desidero raccontare quello che ho visto con i miei occhi, da buon cronista. Tutto inizia giovedì pomeriggio, 24 novembre, quando Sindaco e Protezione Civile, contattati dal sottoscritto, rassicurano che la situazione è sotto controllo. Io, intanto, la sera porto la mia vettura in una posizione sicura perché a Monastero ci sono i primi problemi (l’acqua ha superato in altezza il ponte cittadino). Alle ore 2.20 sul gruppo Facebook “Sei di Acqui..” va in onda il video che riprende il chiosco, presente sulla pista ciclabile, che viene trascinato dalla corrente verso valle. E’ l’inizio dell’incubo che perseguiterà gli acquesi per circa 12 ore fino a quando le acque della piena del fiume Bormida arriveranno alla struttura termale “Regina” (come si vede dalle immagini).
L’incubo tra giovedì e venerdì non ha risparmiato Acqui e l’acquese, da Merana a Cassine, e tutta la Valle Bormida poiché il vero problema, rispetto all’alluvione del 1994, è stata la piena del fiume in arrivo dal cairese che, sommata a quella proveniente dall’astigiano, ha causato danni e disagi. Nel cuore della notte scatta l’emergenza in città, ma è troppo tardi. Non viene utilizzato il sistema “Alert system” dall’amministrazione comunale perché pare fosse incompatibile con l’uso del servizio a quell’ora. Intanto l’acqua inizia ad arrivare in zona cimitero, poi tramite le tubature in alcune zone di via Soprano e via Goito. Il comandante della stazione di Polizia si vede arrivare l’acqua in ufficio. A farne le spese aziende e abitazioni più vicine al fiume: molti sono riusciti a portare il salvabile lontano, ma tanti hanno perso la propria auto e numerosi oggetti. Vincenzo Russo non ha più la sua azienda “Triangolo export”, svanita nel nulla, mentre la ditta Cte ha rischiato grosso salvando il parco mezzi trasferito nel parcheggio della “Torre”.
La vera salvezza sono stati i campi trasformati in laghi. Alle ore 12 di venerdì, lungo la statale Acqui – Alessandria il panorama era molto simile alla Camargue (francese). Poco dopo la linea ferroviaria locale è stata interrotta.
Il flusso d’acqua, dopo aver toccato la periferia di Acqui si è scagliato sulle strade tra Strevi e Rivalta Bormida con la chiusura del ponte locale sul Bormida. Dopo 24 ore ritorno in questi luoghi e trovo desolazione, ma anche tanta voglia di ricominciare. Mi viene incontro una signora che con il marito pulisce quello che resta dei propri beni all’interno della cascina sommersa dall’acqua ieri mattina.
Anche ad Acqui regna lo sconforto e solo la festa di Acqui & Sapori, presente sabato e domenica, ravviva un po’ i più piccoli e golosi di tartufo. Il problema è che molti quest’anno potranno permettersi solo le cose basilari, altro che “trifola d’aich”. Domani sapremo se gli archi superstiti dell’acquedotto romano di Acqui siano stati danneggiati dalla piena del Bormida. “In base ai primi pareri, telefonici, dei geologi, le strutture non dovrebbero aver subito danni e non pare ci siano rischi di crolli” spiega il Sindaco di Acqui, Enrico Bertero, che ha richiesto lo stato di calamità naturale. L’emergenza è stata poi gestita al meglio da tutti i volontari della Protezione Civile.
Giancarlo Perazzi