Riceviamo e pubblichiamo:
“Per la sentenza del processo Solvay di Spinetta Marengo, prevista per il prossimo 14 dicembre, tante sono le aspettative. Innanzitutto quella delle parti civili vittime dell’ecocidio, che, ieri, l’Osservatorio ambientale avrebbe prevenuto. Insieme a quella degli abitanti della Fraschetta, per i quali, oggi, soltanto una costosissima bonifica del territorio potrà scongiurare un futuro di indagini epidemiologiche con sempre più morti e malattie. Ma l’aspettativa è anche delle innumerevoli comunità italiane che proprio dalla Magistratura di Alessandria attendono una netta inversione di tendenza alle sentenze (Eternit, Thyssenkrupp, Bussi, ecc.) che hanno scandalizzato l’universo ecologista e aperto un vasto dibattito sulla Giustizia in materia ambientale per la loro sostanziale impunità tramite la derubricazione dei reati dal pesante dolo alla lieve colpa e le prescrizioni. Tutte le aspettative ruotano attorno all’ormai famoso articolo 439 del codice penale che condanna la consapevolezza del delitto contro la collettività, il dolo appunto: ‘Chiunque avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per consumo, è punito con la reclusione non inferiore a…’. Sono almeno 21 le sostanze tossiche e cancerogene prima scaricate in falda e poi addirittura omesse di bonifica. E 18 anni è la richiesta del Pubblico Ministero per il principale degli 8 imputati (127 anni di reclusione complessivi), oltre ad un risarcimento miliardario per l’ambiente. Gli occhi del mondo penale e ambientalista sono rimasti per 7 anni puntati sul tribunale di Alessandria (3 anni in Corte di Assise) dove la battaglia in campo dottrinale è stata esaltata dagli enormi interessi economici in gioco, in vista di una sentenza di possibile portata storica in campo giudiziario. In questi 7 anni, invece, gli occhi delle vittime hanno pianto testimoniando in aula e non pochi si sono nel frattempo spenti in attesa di giustizia.”