L’Assessorato alla Cultura del Comune di Novi Ligure organizza nel mese di novembre una Rassegna Musicale denominata “Note di Gusto” che, come lo scorso anno, vede la collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo. I concerti si terranno ogni domenica, alle ore 17.30, presso la Basilica di Santa Maria Maddalena, via G.C. Abba 28, Novi Ligure; apertura biglietteria ore 17,00. Ogni volta, al termine del concerto, sarà offerto un ricco aperitivo.
L’ultimo appuntamento della rassegna sarà domenica 25 novembre 2018 alle ore 17.30 con il Quartetto del Teatro Regio di Torino: Stefano Vagnarelli e Marco Polidori al violino, Alessandro Cipolletta, viola e Relja Lukic, violoncello.
Il Quartetto è composto dalle prime parti dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino. Dopo numerosi anni di comune attività in seno all’orchestra della Fondazione lirica torinese e alla Filarmonica Teatro Regio Torino, decidono di approfondire il legame musicale con l’attività cameristica creando un quartetto d’archi, scelta avvallata anche dalla Direzione del Teatro torinese che, in oltre 270 anni di attività, ha concesso per la prima volta il nome del Teatro Regio a un quartetto di suoi musicisti. I quattro strumentisti provengono da scuole e culture differenti, elemento questo che accresce l’apporto del singolo nello sviluppo delle proposte musicali del gruppo. Il repertorio spazia in un arco temporale di ampio respiro, dal Settecento mozartiano ai contemporanei come Pärt, toccando altri generi come il musical. Nato nel 2008, il Quartetto ha inaugurato la Stagione 2008- 2009 de I Concerti Aperitivo del Teatro Regio e ha preso parte al Festival MiTo Settembre Musica 2012.
Il programma del concerto prevede:
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Quartetto in do maggiore K. 465 (Le dissonanze)
Adagio – Allegro
Andante cantabile
Minuetto – Trio
Allegro
Franz Schubert (1797-1828)
Quartettsatz in do minore D. 703
Allegro assai
Andante
Dmitrij Šostakovič (1906-1975)
Quartetto n. 8 in do minore op 110
Largo
Allegro molto
Allegretto
Largo
Il Quartetto K. 465, del 1785, è l’ultimo dei sei quartetti che Mozart dedicò ad Haydn: un tributo al padre spirituale. L’Adagio d’apertura, destinato a suscitare sconcerto tra i musicisti del tempo è l’inferno “dissonante”. Ventidue battute di puro mistero, definite da Adorno «emblema del coraggio dell’artista». Ventidue battute di tenebre e caos; poi la luce, scivolando quasi inavvertitamente nell’Allegro. Esempio di generosità espansiva, il movimento mostra pura bellezza: un paradiso che dischiude la beatitudine quando varca la soglia del successivo Adagio, pacato, commovente, in un perfetto equilibrio tra le parti. E al centro, poi, di uno spensierato Minuetto si insinua una breve variazione emotiva, come un monito, un ripiegamento della tonalità che rivela uno sguardo cupo, e un breve tratto di purgatorio. La parabola si chiude nel laborioso Allegro molto, pieno di luce assertiva, ancora più disarmante se si considerano le oscure “dissonanze” da cui il quartetto muoveva i primi passi.
Il Quartettsatz di Schubert è un movimento per un Quartetto rimasto incompiuto, scritto nel 1820 e pubblicato molto tempo dopo la morte dell’autore, nel 1870. La pagina è un incessante ondeggiare tra momenti di serena speranza e affossamenti drammatici: è forse questo il purgatorio? L’incompiutezza dell’opera, per altro, ne accresce il fascino inquieto: 315 battute in tempo di Allegro assai, con un avvio tra i più enigmatici in “pianissimo”, a cui risponderà un tema dall’impronta lirica. Un dialogo continuo tra vitalità e apprensione, tra solarità e mistero, un reiterato chiaroscuro innerva questo frammento creativo, tra paradiso e inferno.
Trascorre oltre un secolo, il mondo si tinge di guerre e genocidi e nei primi decenni
dopo la Seconda guerra mondiale la riflessione sulle tragedie entra a pieno titolo nella musica. L’inferno si espande. Il Quartetto n. 8 di Šostakovič, del 1960, guarda fisso al dolore e alla ferocia umana. Apre, nel Largo iniziale, una tetra linea melodica che sospende il pensiero musicale sulle glaciali evoluzioni del violino. È l’incipit di una pagina, “in memoria delle vittime del fascismo e della guerra”, tra le più taglienti e angosciose dell’intero catalogo. Nell’Allegro molto, uno scatenato moto perpetuo, emerge il tema ebraico presente nel finale del Trio op. 67, un’allucinante parodia delle danze che i nazisti avrebbero richiesto alle vittime prima di un’esecuzione. E tornerà, dopo il turbinare convulso e violento, nel successivo Allegretto, assumendo una ritmica secca ed esasperata, dal volto aguzzino. Come uno studio scientifico sulla morfologia del dolore, l’opera prosegue
accostando due movimenti di Largo, espressione degli orizzonti più claustrofobici dell’arte di Šostakovič, e dell’arte stessa del quartetto. Vaghe schiarite forse ci parlano ancora di un paradiso perduto, o da venire, ma molto, molto lontano.