Parlare di fantascienza a teatro: questo l’obiettivo di Marco Paolini, narratore cult che, oggi, sabato 26 novembre (ore 21), porta a Valenza Numero Primo-Studio per un nuovo Album, evento speciale della stagione APRE al Teatro Sociale. Il nuovo testo, scritto insieme a Gianfranco Bettin, rappresenta la prima parte di una nuova stagione di quegli Album, ovvero racconti teatrali, con cui Marco Paolini ha raccontato l’Italia e gli eventi accaduti tra il 1964 e 1984.
Racconta Paolini: nella stazione spaziale del film 2001 Odissea nello spazio ci sono cabine telefoniche a disposizione dei viaggiatori, sono modernissime, confortevoli e permettono di fare videochiamate, ma sono fisse. Nessuno dei protagonisti del film usa un telefono portatile o un palmare. In 20.000 leghe sotto i mari Jules Verne immagina l’uso di energie, materiali e tecnologie che assomigliano moltissimo a quelli che sono stati effettivamente poi usati per i moderni sottomarini. Ma le previsioni più stupefacenti e azzeccate sul futuro sembrano quelle contenute nelle Mille e una notte: l’invenzione del password “apriti sesamo” e del touch-screen della lampada di Aladino. Possiamo quindi aspettare con fiducia l’avvento del tappeto volante in tempi ragionevoli.
Risulta che è molto più difficile fare previsioni sul futuro a breve che a lungo termine. Eppure il futuro prossimo dovrebbe far parte di un orizzonte a cui guardare con attenzione. Un presente dilatato come quello in cui viviamo rischia sia di cancellare la memoria del passato, sia di inibire ogni ragionamento sul futuro, dando per scontato che si tratti di un aggiornamento del presente, un aggiornamento “compatibile” con il presente.
Numero Primo è un esperimento di fantascienza narrata a teatro, ma agli autori non piace chiamarla così. È una storia che racconta di un futuro probabile fatto di cose, di bestie e di umani rimescolati insieme come si fa con le carte prima di giocare.
Marco Paolini e Gianfranco Bettin, coautori di questo lavoro, sono partiti da alcune domande: Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quanto ci interessa sapere di loro? Quanto sottile è il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale?
Le nuove tecnologie sono di moda per definizione, ma spesso invecchiano in fretta generando però nuove attese. E se a cambiare rapidamente non fossero solo le cose e gli scenari intorno a noi, ma noi stessi, un po’ per scelta e un po’ per necessità? E in tal caso verso quale direzione o destinazione?
“Ho un’età -precisa Marco Paolini- in cui non sento il bisogno di guardare indietro, di ricostruire, preferisco sforzarmi di immaginare il futuro, così farò un Album con nuovi personaggi. Parlerò della mia generazione alle prese con una pervasiva rivoluzione tecnologica. Parlerò dell’attrazione e della diffidenza verso di essa, del riaffiorare del lavoro manuale come resistenza al digitale. Parlerò di biologia e altri linguaggi, ma lo farò seguendo il filo di una storia più lunga che forse racconterò a puntate come ho fatto con i primi Album.”