Uomini e donne assorbono, rielaborano e reagiscono a ciò che vedono in maniera differente. La prospettiva femminile sulle cose offre una loro chiave di lettura differente da quella maschile, spesso più efficace nel coglierne i più profondi significati. Ciò vale per tanti aspetti della vita quotidiana, così come per eventi di drammatica eccezionalità come la guerra. La violenza dei conflitti in giro per il mondo vista attraverso l’occhio indagatore delle donne è il tema di “In Prima Linea: donne fotoreporter in luoghi di guerra”, la mostra in esibizione fino al 13 novembre nel cortile medievale di Palazzo Madama a Torino.
Osservando con attenzione i diversi scatti selezionati dalla curatrice Andreja Restek (di origine croata, di casa a Torino, presente anch’essa con le sue foto fatte in Siria, Ucraina e Sierra Leone), si coglie una sensibilità particolare nell’immortalare soggetti in situazioni in cui l’umanità è ridotta ai minimi termini. A volte ciò dipende dal background della persona dietro la macchina fotografica, come nei casi di Laurence Geai (a lungo nel mondo della moda, da cui ha ereditato l’attenzione per i colori forti nelle sue foto) e di Alison Baskerville (dapprima arruolata nella Royal Air Force, poi narratrice per immagini del dramma del conflitto afghano vissute dalle donne del luogo). In altre circostanze, è stato lo stimolo a realizzare qualcosa che tanti, tra cui molti uomini, non hanno il coraggio di fare: per esempio, documentare paesi poco coperti dei media, come la Repubblica Centroafricana, nella quale Camille Lepage perse la vita all’età di 26 anni.
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