È un sabato pomeriggio di fine novembre. Dicembre è alle porte e, con esso, anche il Natale.
Per la giornata di oggi non occorre molto, solo vecchi vestiti ed un’espressione afflitta in volto, perché oggi sarà il giorno in cui impareremo un’importante lezione di vita: cosa significa sentirsi invisibili, benché circondati da mille persone.
Oggi Giulia sarà chi troppo spesso viene dimenticato. Sarà chi viene visto, ma evitato. Sarà un’adulta afflitta dalla sua stessa esistenza. E sarà semplicemente una persona bisognosa d’aiuto: una mendicante.
Il centro della città di sabato pomeriggio è sempre molto affollato, soprattutto quando si avvicina il Natale. Vetrine addobbate, lucine colorate, adulti e bambini, che passeggiano alla ricerca dei regali natalizi, sono i protagonisti di uno scenario di apparente serenità. “Apparente”, perché verso le feste ci si sforza, forse, di essere allegri, uniti e spensierati. Purtroppo, però, in questo contesto c’è qualcuno che non ci riesce, perché rimasto solo o troppo sfortunato per riuscire a reagire.
Questa persona oggi sarà Giulia, abbandonata, avvilita e sconfitta, ma alla ricerca di aiuto, con un po’ di elemosina.
Giulia cammina per la città. Indossa vestiti vecchi, un cappellino di lana e delle scarpe rotte. Porta con sé solo un sacchetto della spesa usurato dal tempo e delle coperte per scaldarsi. Fin troppo accessoriata, forse, per gli standard di alcuni, che non hanno nulla per ripararsi dal freddo. Questa, però, non è la vita di Giulia, come non è la vita della maggior parte delle persone che la circondano in questo momento, noi compresi, che la seguiamo in lontananza anche un po’ per proteggerla.
Siamo in corso Roma, la gente che le passa accanto sembra non notarla.
È sola, siamo vicini al Natale e le persone intorno a lei sono assorbiti dalla loro quotidianità.
È sola ed è brava, rende l’idea di necessitare aiuto, ma nessuno la nota. O meglio, nessuno sembra notarla.
Si siede. Per terra una coperta vecchia ed un foglio di carta di giornale accartocciato grossolanamente a mo’ di porta-monete. La gente le passa accanto e la supera, non curante di chi si sia lasciato alle spalle. Alcuni ridono, altri parlano, altri ancora discutono al cellulare. Noi la osserviamo in lontananza e vediamo. Noi sappiamo e riusciamo a capire, riusciamo a vedere.
Benché Giulia stia solo recitando una parte, noi percepiamo la sofferenza di chi vive queste situazioni come normalità. Di chi, soprattutto a Natale, quando bisognerebbe essere circondati dall’affetto dei propri cari, si ritrova solo, abbandonato ed invisibile. Vivere queste situazioni in prima persona fa riflettere. Gli sguardi, l’indifferenza, gli adulti, i bambini: tutto regala spunti di riflessione. Nonostante il disinteresse dei molti, sono i piccoli gesti ed i momenti di solidarietà ad accendere un po’ di speranza. Sono i bambini, che sembrano avere occhi diversi dalla maggior parte degli adulti. Sono i cani, ai quali non importa il sesso, l’etnia o la ricchezza. E, per fortuna, sono anche alcuni adulti, ambasciatori di quella che deve essere l’umanità, fatta di piccoli gesti e premurose attenzioni. Un’umanità che si riconosce in una signora, che, come risposta al cartello “Ho fame”, ha offerto a Giulia un sacchetto di pane.
Dopo aver visto persone soffermarsi a leggere “Non sono un miraggio” e andare avanti come se nulla fosse e dopo aver notato alle spalle di Giulia una ragazza in posa che desiderava una foto, senza accorgersi della sua presenza, sono proprio quei piccoli gesti a regalare un po’ di speranza: sono le persone.
È quasi Natale e noi tutti dovremmo farci un esame di coscienza, perché, ammettiamolo, in quanti ci fermiamo a lasciare una monetina ai mendicanti? Ci nascondiamo dietro al pensiero che non si possa aiutare tutti, o che non saranno i nostri pochi centesimi a cambiare la vita di una persona. Ci aggrappiamo talmente tanto a queste convinzioni, che i momenti in cui ci abbassiamo a lasciare una monetina ad una persona povera sono diventati rari. Forse è vero, una monetina non cambia la vita, ma può cambiare una giornata. Una monetina è in grado di regalare speranza e non solo ad una persona, ma a quello che è il concetto di umanità, che troppo spesso viene dimenticato.
Tutto sommato, ci riteniamo abbastanza soddisfatti del risultato finale. Il ricavato del pomeriggio è di quindici euro: una cifra che non rende una persona ricca, ma che contribuisce a donare un po’ di ricchezza d’animo. Al termine della giornata, abbiamo pensato di devolvere il ricavato dell’esperimento a qualche mendicante e ci siamo stupiti molto nel non trovarne durante il tragitto. È stato deciso, quindi, di portare le monete alla chiesa di San Baudolino, con la speranza che funga da tramite in operazioni di carità.
Giulia vuole ricordare così il suo pomeriggio da mendicante:
“È stata un’esperienza molto forte sul piano emotivo; guardare il mondo da un altro punto di vista è sempre affascinante, ma interpretare il dolore e il senso di invisibilità di un senzatetto mi ha colpita profondamente. Lo sguardo dolce e curioso dei bambini, i sorrisi dei passanti e la spontaneità dei gesti di solidarietà di perfetti sconosciuti mi hanno commossa, convincendomi sempre di più a sperare in un’umanità che sa di essere migliore e lo dimostra.”
Giada Guzzon e Giulia Maino