“Salviamo le nostre stalle, i nostri territori, patrimonio di genuinità”: questo è il motto di Coldiretti Alessandria, al via con una nuova iniziativa:
Obiettivo fermare il saccheggio del Made in Italy, spiegare e dimostrare da dove viene il latte e come si ottengono i formaggi senza polveri o semilavorati industriali.
Dopo l’assedio degli allevatori di Coldiretti davanti alla sede della Lactalis a Ospedaletto Lodigiano e dell’Antitrust a Roma, si rinsalda il patto tra i consumatori e gli allevatori.
A tal proposito Coldiretti Alessandria distribuirà materiale informativo nei mercati di Campagna Amica che ogni settimana si svolgono in tutta la provincia per incontrare chi quotidianamente si occupa della spesa e si trova, quindi, a dover scegliere quali prodotti portare in tavola.
L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine in etichetta del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente, infatti, di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative ed impedisce ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali e, di conseguenza, il lavoro e l’economia italiana.
La guerra del latte proseguirà perché già mille stalle, a livello nazionale, hanno chiuso nel 2015 ed in Piemonte ci sono a rischio 8000 posti di lavoro, 1900 aziende per 390 milioni di produzione lorda vendibile. Nel passaggio dalla stalla allo scaffale i prezzi del latte fresco moltiplicano fino a quattro volte e la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano ed il prezzo riconosciuto agli allevatori è la più alta d’Europa.
Gli allevatori piemontesi necessitano di un adeguamento della remunerazione del proprio prodotto in esecuzione della legge 91 del luglio 2015 secondo la quale il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione, individuati da Ismea tra i 38 ed i 41 centesimi al litro. Questo significa un aumento di circa il 20 per cento dei prezzi riconosciuti all’allevatore rispetto a quelli attualmente praticati.
Un clima di esasperazione che sta coinvolgendo non solo gli imprenditori del settore zootecnico, ma l’intero mondo agricolo, sdegnato da un gioco al ribasso che sta facendo gli interessi delle grandi multinazionali e non delle piccole aziende che credono e difendono il Made in Italy.