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L’11 luglio “El Chapo” Joaquín Guzmán, uno dei narcotrafficanti più potenti e ricchi al mondo, è evaso dal carcere di massima sicurezza Altiplano (centro-sud del Messico), ripetendo una “impresa” già riuscitagli nel 2001 e vanificando gli sforzi delle autorità che lo arrestarono nel febbraio 2014.
L’evento ha peggiorato ulteriormente il rapporto tra le forze di polizia americane e quelle messicane, con le prime che accusano le seconde di negligenza o, addirittura, di compiacenza. La rivista The Atlantic, infatti, ha riportato gli sfoghi di anonimi agenti federali, che hanno avanzato sospetti sul comportamento dei colleghi messicani nella gestione della vicenda. Una prima ipotesi è che avessero paura che il boss del cartello di Sinaloa potesse rivelare scottanti segreti su di loro agli americani. Un’altra, invece, è incentrata sull’ascesa del Cártel de Jalisco Nueva Generación, che, guidata da “El Mencho” Nemesio Oseguera Cervantes, ha occupato il vuoto lasciato dall’assenza di El Chapo, compiendo violenze verso le locali forze dell’ordine.
Tornato in libertà, El Chapo cercherà di ristabilire “ordine” nel Sinaloa e riallacciare i contatti con i clan criminali esteri, tra cui la n’dràngheta.

Stefano Summa

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