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Riceviamo e pubblichiamo:

“Abbiamo incontrato la dott.ssa Simona Martinotti biologa cellulare, per un intervista: Simona nasce a Casale Monferrato il 28 agosto 1982. Dopo il diploma come Perito Chimico Industriale all’ITIS A. Sobrero di Casale Monferrato, si laurea in Biologia nel 2006 e in Scienze Biologiche Applicate nel 2008 con il massimo dei voti. Nel 2008 inizia il corso di Dottorato in Scienze Ambientali (Acque Interne e Agrosistemi) presso il DISIT, e lo temina nel 2012 discutendo poi la Tesi dal titolo “Active nutrients and drug: building a new synergistic approach in mesothelioma therapy”. Dal 2012 è post-doc presso il DISIT. Oltre ad essere una giovane ricercatrice, è anche una giovane donna che ama cucinare e preparare torte, e ama dedicare parte del suo tempo agli altri, è infatti Volontaria della Croce Rossa Italiana presso il Comitato di Casale Monferrato. Queste le sue risposte alle nostre domande:

Simona, tu sei una biologa cellulare e nel 2013 sei stata insignita di un Premio Internazionale, ce ne vuoi parlare?

Il premio in questione è il Lush Prize Award, premio internazionale dedicato alla ricerca nel campo dei test alternativi promosso da Lush e Ethical Consumer.
Siamo arrivati in finale sia io che il mio collega Dr Elia Ranzato, proprio per il fatto che da sempre nel nostro laboratorio ci occupiamo di studiare i meccanismi coinvolti nella riparazione delle ferite cutanee e per fare ciò non ci avvaliamo di studi in vivo, bensì solo di collaudati studi in vitro.

 

Insieme a Elia Ranzato e Marco Caneva hai costituito il Caffè Scienza Alessandria, presso l’Associazione Cultura e Sviluppo, con quale obiettivo?

L’obiettivo fondamentale del Caffè Scienza Alessandria è quello di comunicare la scienza ad alto livello alle persone “non addette ai lavori”, coinvolgendole in prima persona in una discussione scientifica che però non ha la connotazione accademica, forse un po’ distante, ma la connotazione colloquiale di un bar o di un circolo dove si discute di scienza prendendosi appunto un caffè. Questo è un aspetto importantissimo del lavoro di uno scienziato, infatti come hanno sottolineato anche i Nobel Laureates presenti al meeting di Lindau, la comunicazione scientifica non deve avvenire solo tra scienziati, ma anche e soprattutto tra scienziati e non, per tutti più consapevoli.

 

650 giovani ricercatori provenienti da 66 paesi, hanno partecipato al recente Meeting di Lindau in Germania, con la possibilità di incontrare e interagire con 65 Premi Nobel, quale obiettivo si prefissava questo evento?

Come ben sottolinea il motto del meeting “Educate, Inspire, Connect”, l’obiettivo del meeting è proprio quello di mettere a confronto e contatto due diverse generazioni di scienziati, in modo tale che la generazione più matura possa educare alla ricerca scientifica, e soprattutto ispirare i giovani ricercatori in modo tale da motivarli, più di quanto non lo siano già, così che non si lascino abbattere dalle mille difficoltà che minano il lavoro di uno scienziato.
Altro obiettivo importante è quello di creare una connessione tra giovani ricercatori provenienti da tutto il mondo che possono condividere le proprie esperienze scientifiche, ma anche umane!

Nel corso del meeting hai ascoltato la presentazione dei vari premi Nobel e hai interagito con alcuni di loro, quali ti hanno colpito particolarmente e perché?

Ada Yonath, premio Nobel per la Chimica nel 2009, che dopo aver svolto vari lavori per aiutare la madre a mantenere la famiglia e dopo aver svolto il servizio militare (è nata a Gerusalemme) ha perseguito con caparbietà il suo percorso nella scienza, conciliando vita lavorativa e vita famigliare.
Molto bella poi la “lezione” di Edmond Fisher, premio Nobel per la Medicina nel 2002. Il prof. Fisher è un energico 95enne che ci ha ispirati e ci ha parlato quasi come un nonno, raccontandoci la sua storia e facendoci innamorare ancora di più della scienza!! Se mai arriverò a 95 anni voglio essere come lui!!
Ho scambiato anche alcune battute con Robin Warren, Nobel per la Medicina nel 2005 per la scoperta della relazione tra il batterio Helicobacter pylori e l’insorgenza della gastrite e dell’ulcera peptica, di cui ho parlato a lungo ai miei studenti come esempio di caparbietà e attaccamento alla scienza.
Aaron Ciechanover, premio Nobel per la chimica nel 2004, ci ha detto di rispondere a chi chiede cosa fa di lavoro “faccio il mio hobby e vengo pagato per farlo!!”.
L’esperienza più rilevante comunque emersa dal ritrovo con i Premi Nobel è stata la loro capacità di contagiare i giovani con la loro grande passione per la ricerca scientifica, perché senza passione la ricerca scientifica è un campo impossibile. Credo che due siano le parole chiave da tenere in mente per poter intraprendere la carriera scientifica: passione e voglia di lavorare senza fermarsi al primo ostacolo, al primo esperimento non riuscito o al primo risultato inaspettato.

Tu hai fatto parte della delegazione italiana, ci vuoi raccontare che cosa ti ha trasmesso questa importante esperienza?

È difficile rispondere a questa domanda senza rischiare di essere banale, Sono arrivata a Lindau con molte domande e mille dubbi. Forse non ho ricavato la risposta completa o una ricetta universale, ma ho acquisito una consapevolezza, condivisa con tutti gli altri giovani che erano presenti. L’unico modo è non perdere la fiducia in se stessi, insistere, amare il proprio lavoro.
Durante la settimana trascorsa a Lindau, col trascorrere dei giorni e l’accumularsi degli stimoli mi son accorta di quanto questo Meeting avrebbe potuto rappresentare per me un ponte. Un ponte fra la “me” di adesso e la “me” futura (o l’idea di me futura).

Ci vuoi parlare dei messaggi che hai registrato con diversi premi Nobel, di incoraggiamento e di impegno per i tuoi studenti del primo anno del corso di Biologia ad Alessandria?

Grazie alla disponibilità di diversi premi Nobel, tra cui il prof Carlo Rubbia, ho chiesto loro e registrato alcuni messaggi di incoraggiamento e di impegno per i miei studenti del primo anno del corso di Biologia ad Alessandria. Non sono messaggi articolati o molto lunghi, in alcuni casi il messaggio è un’unica frase, ma le poche parole che compongono quella frase sono dense di significato, quella più bella è la frase che mi ha lasciato il Prof. Fisher: “la scienza non è pericolosa, l’ignoranza lo è!!”

Qual è la tua opinione sulla situazione della ricerca in Italia?

La ricerca in Italia è buona ricerca, e i ricercatori italiani sono ottimi ricercatori, tutto questo nonostante la difficoltà nel reperire fondi per svolgere le proprie ricerche.

 

Cosa si dovrebbe fare per evitare la fuga dei giovani ricercatori italiani all’estero?

Al meeting ho conosciuto una ragazza di Bari che una volta terminato il suo dottorato a Bari, si è trasferita a Boston al MIT con l’idea di tornare in Italia dopo quell’esperienza, ma in ogni altro stato europeo poteva ambire ad una posizione stabile equivalente alla nostra posizione da ricercatore, assolutamente non pensabile in Italia, dove sarebbe tornata al punto di partenza anziché poter progredire nella sua carriera e fare tesoro in tutti i sensi della sua esperienza al MIT.
Bisognerebbe quindi offrire le stesse opportunità che vengono offerte all’estero, che ripagano i sacrifici e l’impegno dei giovani ricercatori!

 

Pier Carlo Lava”

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