Buongiorno,
sono un impiegato e ho solo tanta forza di volontà e un desiderio irrefrenabile di scrivere. E’ più forte di me, devo scrivere, scrivo sempre.
gradirei conoscere un po’ l’iter e il processo che conduce a diventare scrittori.
Sono un ragazzo alessandrino di trentatré anni. Dopo il diploma scelsi ahimè in maniera troppo affrettata di iscrivermi ad ingegneria “perché questa facoltà porta lavoro”, dicevano. In effetti è stata l’unica ragione per cui l’ho scelta, ma non ne ero motivato e dalla motivazione dipende l’esito positivo di ogni percorso intrapreso. Mi resi conto ben presto di essere palesemente portato per le materie umanistiche. In realtà lo sapevo già da tempo, molto tempo prima. Ma ormai il salto nel vuoto l’avevo già fatto. Avevo paura di “rimanere a spasso” . Rimango iscritto per degli anni, cristallizzato in una semplice manciata di soli 5 o 6 esami dati (…neanche mi ricordo bene quanti) e intanto cerco e trovo lavoro nascondendo bene i miei progressi universitari, raggiungendo non poco stress e costruendo un castello di non meno bugie, e millantando di essere quasi verso il traguardo, anche se non era così. Una volta trovato lavoro ho infatti la scusa per cui “mi manca poco alla fine, ma purtroppo lavoro”.
Passo da “lavoretti” ossia da lavori in nero al lavoro documentato. Crisi o no, riesco via via ad ottenere contratti a tempo determinato per arrivare negli anni a lavorare tantissimo e senza sosta: mai un’interruzione dal 2008, anno del “boom economico al contrario”.
In seguito, il salto: divento impiegato. Inaspettatamente mi viene offerto il ruolo di responsabile della manualistica tecnica presso un’azienda metalmeccanica (sempre nell’indotto delle materie plastiche). Me lo proposero senza neanche stare a guardare più di tanto se fossi laureato o no. Colsi però la sfida, il dirigente si fidò di me e gli piacqui da subito perché mi vedeva determinato.
Sono trascorsi sei anni da allora e ancora sono in forza nella stessa azienda e con la stessa mansione, avendo imparato non poche cose. Alla fine nessuno mi ha più chiesto della laurea e di fatto sono impiegato da tanto tempo e mi sono specializzato, a modo mio, in questo settore. Avevo perfino pensato di riprendere gli studi in ingegneria. Ma poi ci penso bene e mi dico: Perché non studiare – lavorando, – ciò che realmente mi piace?
Oggi, la sensazione che ho è di essere un escluso, un “pesce fuor d’acqua”. Se sono riuscito per 6 anni a portare avanti un lavoro che in teoria non è la mia passione, credo di poter riuscire a gestire ciò che più si confà al circolo del mio piacere più grande: leggere, ma soprattutto scrivere.
Proprio di questi tempi un po’ di umanesimo non fa per niente male. Non posso sopprimere la mia inclinazione, il mio più intimo istinto intellettuale. In realtà scrivere è mettersi in gioco e il più delle volte per fare centro bisogna mettersi a nudo.
Antonio Cardillo
spero ti faccia piacere vedere pubblicata la tua lettera, che per ragioni di spazio ho dovuto riassumere.
Ho deciso di risponderti sul giornale per farti capire, che non bisogna smettere di credere ai propri sogni e proprio questi, qualche volta, si possono avverare.
Già il fatto che quello che hai scritto è stato interessante ti può far capire che devi andare avanti e vedrai che quando meno te lo aspetti si può presentare un’opportunità inaspettata.
Da ciò che ho letto ho capito che sei un ragazzo dalla forte personalità, che non si ferma davanti alle difficoltà che la vita gli ha messo davanti e lo dimostra il fatto che ti sei messo in gioco accettando un lavoro del quale sapevi poco nulla, riuscendo ad eseguirlo al meglio e diventando persona di riferimento per l’azienda.
Antonio, perchè non metti la stessa grinta per far si che questa tua passione possa appagarti sempre di più?
Non si vive di solo pane, bisogna appagare anche la nostra mente le nostre aspirazioni, altrimenti la vita diventa senza significato.
Per mezzo della tua lettera vorrei mandare un messaggio anche ai giovani, che vivono un momento di smarrimento: bisogna lottare.
I posti di lavoro sono diventati perle rare, ma non per questo bisogna lasciarsi andare e rinunciare a cercare a proporsi, è importante continuare ad informarsi, studiare soluzioni, provare strade alternative, insomma, inventarsi qualcosa.
Quindi caro Antonio il mio augurio a te e a tutti i giovani è quello di non lasciarsi schiacciare dalla negatività, ma di guardare al futuro con un pizzico di speranza e di non smettere mai di lottare per realizzare i propri sogni.
Ti abbraccio.
Milly