“Diana Biondi: morta la ragazza scomparsa a Napoli. La 27enne si sarebbe lanciata nel vuoto per non aver sostenuto gli esami”.
Questo è uno dei tanti titoli che, nell’ultimo periodo, si è letto on–line o sui giornali. Diana aveva annunciato alla sua famiglia la data di discussione della tesi: martedì 28 febbraio. Ma non era vero.
È successo di nuovo: un’altro suicidio, un’altra vita spezzata. L’ennesima dimostrazione che, nella nostra società, il peso della meritocrazia e della competizione universitaria è troppo forte e a farne le spese è sempre chi non si sente ‘abbastanza’ per stare dietro a tutto, chi rimane indietro e si convince che la propria intera vita sarà compromessa da un ritardo.
Ma esiste davvero un tempo giusto, una scadenza?
Più osservazioni andrebbero fatte. È fuori discussione che i primi problemi siano di tipo strutturale: andrebbe rivisto lo stesso concetto di fuori-corso, andrebbero rivisti ed eliminati i regolamenti tasse punitivi. Perché permettere di sostenere gli esami solo in un determinato momento dell’anno, tutti concentrati in poco tempo? La didattica andrebbe riorganizzata, introducendo più prove intermedie e un’interlocuzione più agile con i docenti rispetto ai programmi e ad i materiali di studio.
Sono sempre di più gli studenti italiani schiacciati dagli standard troppo elevati a cui sembra necessario ed obbligatorio adeguarsi e dalla sofferenza che da questi ha origine. Le persone non sono macchine, ma esseri umani.
Eppure quante volte capita di sentirsi un fallimento?
Fallimento è una parola spesso associata all’ambiente universitario, così come anche a quello lavorativo. Eppure non credo possa esserci cosa più sbagliata. Ci si sente falliti per non aver passato un esame, per un voto basso, per non aver ancora trovato un lavoro, perché si è fuoricorso o, ancora, perché ci si concede un po’ di riposo o di svago.
Questi sono pensieri disfunzionali ed una società che non fa il possibile per smontarli, contrastarli, è una SOCIETA’ disfunzionale. E questo è il reale fallimento. Così come è un fallimento incentivare una folle corsa competitiva verso la perfezione nel minor tempo possibile, schiacciando e mortificando chi ha tempi diversi da quelli ritenuti “socialmente” giusti.
La riflessione
Ancora, però, un’altra riflessione va fatta e riguarda proprio noi giovani e studenti. È giusta, infatti, la critica del sistema ma è ancora più giusto, e coraggiosamente onesto, ammettere che siamo stati tutti inglobati nel sistema che tanto contestiamo. A che servono infatti le frasi di solidarietà se poi, per primi, voltiamo le spalle a chi ci chiede una mano?
Chi più, chi meno: è una corsa contro il tempo, una corsa a chi fa prima. Percorsi fatti spesso di ostentazione, di voglia di dimostrare ma soprattutto di mostrare più agli altri che a noi stessi. Perché, quindi? Chi ha deciso che esiste un tempo giusto e che, soprattutto, questo tempo sia giusto per tutti?
Cara Diana, la vita ti è stata strappata via da un sistema malato, un sistema che porta a rimetterci in discussione giorno dopo giorno, un sistema che permette che paure, inquietudini e competizione abbiano la meglio. Quante sono le persone che come te, cara Diana, non hanno trovato la forza. E quante ancora, temo, magari non la troveranno. Quante persone vivono una totale inversione del sistema delle priorità, quanto sbagliato è pensare che il problema più grande della vita sia laurearsi a 25 anni piuttosto che a 23. Quanto sbagliato è, in generale, pensare che questo sia un problema. A tal punto da decidere di compiere un gesto simile e senza ritorno. Una laurea non vale il nostro sorriso e la nostra vita.
Ludovica Italiano