Il ricatto russo all’Occidente, grano in cambio di un no alle sanzioni. Questo è quanto emerge in seguito ai fallimentari incontri diplomatici avvenuti ad Ankara nei giorni scorsi. I russi sanno quanto vitale sia lo scambio commerciale dei prodotti alimentari provenienti dall’est Europa e dai territori del conflitto in corso, intendendo giocare la carta a disposizione nel miglior modo possibile. Il conflitto in Ucraina, infatti, ha reso lo scambio di prodotti alimentari tutt’altro che facile. Il blocco dei porti ucraini per mano delle navi russe, le occupazioni di varie città costiere e le mine navali poste dagli ucraini per difendere gli sbocchi marittimi ancora in loro possesso, come Odessa, impediscono lo scambio commerciale. Le navi cargo, una volta assai numerose nel mar Nero, sono ad oggi sostituite da imbarcazioni militari ed incrociatori. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, Okonjo-Iweala, avverte del rischio di una guerra prolungata: «Se non saremo in grado ora di far uscire i cereali dall’Ucraina, questa sarà veramente disastrosa per certe parti del mondo
A ribadirlo è anche Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, il quale ha definito «essenziale un accordo che consenta l’esportazione sicura di alimenti prodotti in Ucraina attraverso il Mar Nero e l’accesso senza ostacoli ai mercati globali per gli alimenti e i fertilizzanti russi». La preoccupazione va in primis ai paesi in via di sviluppo ed a quelli africani, coloro maggiormente colpiti dalla crisi alimentare in arrivo.
La mediazione turca e lo stallo fra Kiev e Mosca
È da settimane che la Turchia tenta, invano, di mediare per risolvere la questione. Putin, tuttavia, non sembra desistere dalle sue richieste. Lo sblocco dei porti ucraini avverrà, senza attacco da parte dei russi, solo previa revoca delle sanzioni imposte al paese, richiesta definita «legittima» da Ankara, ma assolutamente inaccettabile per Bruxelles. L’impasse, così, rimane e Kiev e Mosca da settimane si rinfacciano l’uno con l’altra la colpa del blocco del grano, cercando di scaricare sull’avversario il peso della responsabilità della crisi alimentare.
«Un missile invisibile – quello russo – contro i paesi in via di sviluppo» lo ha definito Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, durante una riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU avvenuta lunedì scorso. La strategia della Russia sarebbe quindi quella di affamare la popolazione mondiale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, e far ricadere la responsabilità sui suoi avversari politici rei di essersi intromessi negli interessi della madre patria. Michel ha accusato Mosca di «codardia e propaganda» incolpandola di attacchi missilistici mirati verso depositi di grano. La reazione dell’ambasciatore russo, Vassily Nebenzia, è stata quella di lasciare la stanza della riunione mentre il presidente europeo stava ancora parlando. «Può lasciare la stanza, forse è più semplice non ascoltare la verità» ha commentato Michel.
La Battaglia del Donbass, i russi vicini alla vittoria
Nel frattempo, prosegue la battaglia nel Donbass, e l’avanzata dell’esercito russo è arrivata ad un punto di svolta. Severodonetsk sembra essere un luogo decisivo per le sorti della regione orientale dell’Ucraina: «Questa è una battaglia molto feroce, molto difficile. – ha detto il presidente Zelensky – Probabilmente una delle più difficili di questa guerra. Sono grato a tutti coloro che ci difendono in questa direzione. Per molti aspetti, il destino del Donbass viene deciso lì»
Sicuro invece sembra essere l’ambasciatore Vassily Nebenzia, il citato legato russo per le Nazioni Unite. «Presto, se tutto andrà per il verso giusto, libereremo gli oblast di Luhans’k e Donetsk» ha commentato l’ambasciatore, ribadendo che lo stop all’”operazione militare” russa, avverrà solo in seguito alla demilitarizzazione e alla – non chiara – “denazificazione” del paese. «Obiettivo principale che stiamo perseguendo al momento – specifica Nebenzia – è la liberazione del Donbass».
Daniele De Camillis