Vaccini e autoimmunità: risultati dello studio a San Diego
Dimostrata comparsa di autoanticorpi nel 40% dei casi. 50% di individui già con autoanticorpi
Saranno presentati a un convegno internazionale sul Covid-19 a San Diego i risultati dello studio di Maria Cristina Sacchi, Referente del Laboratorio di Autoimmunità dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, e dei suoi collaboratori.
Lo studio ha l’obiettivo di verificare se la vaccinazione anti Covid-19 possa scatenare la produzione di autoanticorpi e quindi alterare l’assetto autoimmune. Nel 2021, infatti, il team della Dr.ssa Sacchi, che lavora all’interno del Laboratorio Analisi diretto dalla dr.ssa Maria Matilde Ciriello, è stato tra i primi a pubblicare articoli scientifici (e a presentare i risultati degli studi in California) che dimostravano l’esistenza di un link tra Covid e autoimmunità, sottolineando quindi come il SARS-CoV-2 potesse essere considerato un virus autoimmune capace in alcuni individui di stimolare la produzione di autoanticorpi e sviluppare così patologie autoimmuni. Un’idea nata dalla collaborazione con il dr. Paolo Stobbione, Responsabile di Reumatologia dell’Ospedale di Alessandria. La domanda alla base di questo secondo studio è stata quindi quella di andare a verificare se anche i vaccini a mRNA, su cui esiste ancora poca letteratura scientifica in questo settore dell’autoimmunità, siano in grado di sviluppare un’alterazione dell’assetto autoimmune.
“Abbiamo realizzato uno studio prospettico monocentrico subito a inizio gennaio 2021, appena dopo il Vax Day – ricorda Maria Cristina Sacchi – arruolando la popolazione di studio che nel nostro caso era composta da 155 operatori sanitari dell’Ospedale di Alessandria, tutti sottoposti volontariamente alla vaccinazione, con età compresa tra i 18 e i 60 anni e di entrambi i sessi. Abbiamo effettuato un primo prelievo di sangue prima della vaccinazione per avere una fotografia dell’assetto autoimmune dell’individuo, al fine di capire se nei soggetti che non presentavano già autoanticorpi si sarebbero poi presentati a seguito del vaccino. Abbiamo poi effettuato i test di autoimmunità su questo primo prelievo e realizzato altri due prelievi agli individui che avevano completato tutto il ciclo vaccinale, ovvero due vaccini e la dose booster: il secondo a tre mesi di distanza dalla prima dose e il terzo a 12 mesi. La nostra analisi si è così ristretta a 112 individui”.
Dallo studio è emerso in maniera preliminare come nel 40% dei casi analizzati si sia verificata la comparsa di autoanticorpi che nel 90% degli individui sono rimasti attivi nel tempo, fino ai 12 mesi valutati. “Questo ci ha portato a pensare che la percentuale di positività ai test di autoimmunità – prosegue la dr.ssa – possa essere direttamente proporzionale al numero di somministrazione di dosi di vaccino: un’iperstimolazione del sistema autoimmune può quindi portare alla comparsa di nuovi autoanticorpi, nonché a manifestazioni autoinfiammatorie e al possibile sviluppo di malattie autoimmuni. Occorre però sottolineare come il fatto di avere autoanticorpi non significa né avere una malattia autoimmune in corso né necessariamente svilupparla, in quanto circa il 18% degli individui sani possono presentare questi autoanticorpi e il vaccino resta l’arma più importante per il contenimento della pandemia e la riduzione delle forme gravi di Covid”.
Da qui l’altro dato rilevante emerso dallo studio, ovvero che circa il 50% degli individui era già positivo al test sugli autoanticorpi. “La causa di questo fenomeno – afferma la ricercatrice – potrebbe essere ricercata nei fattori ambientali: stiamo quindi pensando di realizzare uno studio che vada ad analizzare questi pazienti che erano già positivi per individuare un possibile link tra autoimmunità e l’esposizione a inquinanti e/o abitudini e stili di vita, perfettamente in linea con il percorso di riconoscimento a IRCCS per le patologie ambientali che l’Azienda Ospedaliera e l’ASL AL stanno affrontando”.
Lo studio si colloca nell’ambito delle progettualità condotte dai Laboratori di Ricerca integrati tra Azienda Ospedaliera di Alessandria e il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale, la cui Responsabile è la dr.ssa Annalisa Roveta, afferente al Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione diretto dal dr. Antonio Maconi: Cristina Sacchi infatti è parte di uno dei gruppi di lavoro in qualità di Referente del progetto di ricerca sulle malattie autoimmuni.
I risultati verranno presentati anche al Congresso europeo di autoimmunità che si svolgerà ad Atene dal 10 al 13 giugno e seguirà un altro studio di follow up per andare a seguire nel tempo gli individui che sono risultati positivi ai test con l’obiettivo di verificare se nel tempo mantengono gli autoanticorpi sviluppati e presentano sintomatologie legate a una malattia autoimmune.