20 anni di Unione africana. Lo scorso 25 maggio Unione Africana, UA, ha celebrato il ventennale dalla sua nascita. Da ben 59 anni la giornata del 25 maggio è stata dedicata alla celebrazione dell’unità e della collaborazione dei paesi africani. In quella data, infatti, nel 1963, per la prima volta 30 stati, degli allora 32 indipendenti, decisero di dar luogo all’Organizzazione dell’Unita Africana, antesignana dell’odierna Unione Africana, oggi stabilmente formata da 55 stati.
Unione Africana: unirsi per crescere.
«Una macchina importante» l’ha definita lo storico dell’Africa, Aldo Pigoli, docente di Storia dell’Africa Contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il quale ha fatto notare come, nel corso di questi ultimi vent’anni, il continente africano abbia «sviluppato in maniera significativa il processo di integrazione sia su base regionale che su quello continentale». Dove, per integrazione, sottolinea il professore, non ci si riferisce esclusivamente all’aspetto economico-commerciale, ma anche a quello «politico-sociale». Chiaro il riferimento alle tematiche della sicurezza e della gestione dei conflitti interni, sui quali sono stati fatti, negli ultimi anni, veri e propri passi da gigante. L’unione africana, nel corso di questi anni, ha fatto di tutto al fine di dotarsi di sistemi di prevenzione e gestione delle situazioni pericolose e di conflitto armato, quando non vere e proprie guerre regionali o nazionali, che hanno luogo nel proprio territorio. Le turbolenze geo-politiche, economiche e culturali dell’Africa, causate da uno spregiudicato sfruttamento storico del continente da parte delle potenze occidentali – per lo più europee – e mutuate da un irresponsabile utilizzo opportunistico odierno da parte delle altre – Usa, Cina e Ue – sono ancora lontane dall’essere del tutto sedate e placate. Tuttavia, la struttura dell’unione è riuscita in più di un’occasione ad evitare alcuni conflitti e ad imporre standard sociali più alti in molte zone del continente.
Tappa importante di questo processo è stata raggiunta 2 anni fa, quando 44 paesi membri dell’UA si sono riuniti insieme per siglare a Kigali, capitale del Rwanda, l’accordo per il libero scambio commerciale, conosciuto con la sigla inglese di AfCFTA. Il più grande accordo di scambio commerciale mai siglato nella storia dell’uomo per numero di parti contraenti, con un mercato di 1,2 miliardi di persone e 2,5 trilioni di dollari. Considerando le alte tariffe commerciali regionali, pari di media al 6,1%, di quelle extra-continentali, l’accordo ha aiutato di gran lungo lo sviluppo commerciale interno africano, che nel 2016 ammontava a circa il 20% del totale. Secondo le previsioni, fra circa 10-15 anni, l’unione commerciale dovrebbe riuscire ad estendersi al 90 % dei beni commerciabili, rendendo il progetto di primaria importanza per lo sviluppo dell’Agenda 2063 dell’UA – Agenda 2063: The Africa We Want – finalizzato allo sviluppo di aree specifiche nel continente. Un consenso politico fra i leader africani che ha una lunga storia, motivati dalla necessità di ridurre la povertà e incentivare lo sviluppo di tutti i paesi della regione, tramite processi di unione e mutua collaborazione, come il TFTA, zona di libero scambio tripartita, che, lanciata nel 2015, è riuscita a connettere tre grandi aeree economiche a partire da Cape Town, (Sudafrica), fino al Cairo (Egitto).
Lo standard africano
L’Africa, insomma, dopo questi vent’anni sogna disperatamente di uscire dall’immagine di povertà e insicurezza che storicamente pregiudica le straordinarie potenzialità economiche, politiche, sociali, culturali, tecnologiche e scientifiche del continente. In tal senso, il processo di industrializzazione, avviato in seguito al progetto di libero scambio commerciale, AfCFTA, mira a voler trasformare il panorama strutturale di tutta la regione. Un’ Africa che non sia solo “miniera del mondo”, ma polo tecnologico-scientifico in grado di sostenere lo sviluppo di un continente che, a differenza dei paesi occidentali, ha le potenzialità demografiche e la vitalità culturale di poter avviare un processo di nuovo “rinascimento africano “e l’ambizione, sul ricalco delle strutture europee, di presentarsi al mondo come centro politico-economico e sociale forte ed unito. È quanto si augura Otto Bitijoka, presidente dell’Unione delle Comunità africane in Italia (UCAI), il quale fa notare che «la nostra percezione rientra all’interno della nostra lettura antropologica», invitando a adottare per l’Africa un concetto di “sviluppo” diverso da quello mutato dalla politica occidentale. «Un senso diverso di comunità – rivendica Otto Bitijoka per il continente africano – che mette l’accento più sul destino della comunità e della persona che sugli scopi, che considera prioritari il senso della libertà nella comunità, il ruolo della donna piuttosto che l’arricchimento. Si tratta di una ricchezza del subconscio collettivo che va rivalorizzata e riscoperta con un risveglio di Nuovo Umanesimo di cui si vedono alcuni segni importanti».
Africa, fra povertà e sviluppo, il sogno di un nuovo mondo
È interesse nazionale ed europeo «intensificare ancora di più i nostri rapporti con i Paesi africani, poiché rafforzare la cooperazione internazionale è fondamentale per affrontare le sfide globali che interessano il Continente con particolare severità e le drammatiche conseguenze della guerra in Ucraina, che si stanno ripercuotendo ben oltre l’Europa», ha detto Di Maio durante l’inaugurazione alla Farnesina della “Giornata dell’Africa”, per la commemorazione dell’UA. Da notare, inoltre, come espressione di questo processo di sviluppo sia anche manifestata dal rinnovato vigore del panorama culturale africano, ad oggi avviato verso una fase di splendore. Lo scorso anno, infatti, i più importanti premi letterari mondiali, fra cui il premio francese Goncourt e l’International Booker Prize,nonchè lo stesso Nobel per la letteratura, sono stati tutti vinti da autori africani
L’Africa, dunque, fra povertà e sviluppo, conflitti ed unificazioni, prosegue fiduciosa il suo cammino verso la riqualificazione tanto del suo panorama sociale- politico quanto umano. Soffrendo anche lei le ripercussioni dei nefasti eventi internazionali, come la pandemia da Covid 19, vero e proprio flagello abbattutosi sui fragilissimi sistemi sanitari della regione, e la crisi alimentare, causata dal conflitto in Ucraina, l’Africa vuole far respirare una ventata di inatteso ottimismo nel panorama umano mondiale, mostrando al mondo intero la speranza di un’alternativa reale. Vieni in mente la tradizione africana, secondo la quale ogni conflitto può essere sedato in un incontro sotto un albero di baobab. «Le guerre, – fa notare Otto Bitijoka – la produzione delle armi, non sono un fattore endemico in Africa».
Daniele De Camillis
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