«Siamo distrutti come Nazione. Questo è il genocidio del popolo ucraino». Disperata la nota del municipio di Mariupol, città al fronte sottoposta da un giorno a incessanti bombardamenti. Interi distretti cittadini sono stati rasi al suolo, mentre le vittime fra i civili sono talmente numerose da non poter ancora essere contante. «Le forze di occupazione della Federazione russa hanno fatto di tutto per bloccare l’uscita dei civili dalla città, bloccando mezzo milione di persone» denuncia il primo cittadino Vadym Boichenko, «non possiamo nemmeno prendere i feriti dalle strade, dalle case e dagli appartamenti poiché i bombardamenti non si fermano». Una situazione disperata. Mariupol, collocata lungo la costa settentrionale del Mar d’Azov, ha un’importanza strategica rilevante per l’esercito russo, il che la rende un obiettivo primario per gli invasori. La città, infatti, è un punto di connessione indispensabile fra la Crimea e il Donbass, presentandosi come un ponte di comunicazione fondamentale fra i territori di recente “acquisto” della Federazione.
Ucraina bagnata dal sangue: i teatri di battaglia
Nel frattempo, le nuove operazioni militari russe vedono protagoniste anche le forze militari navali a Odessa. Ieri la città portuale è stata protagonista di uno sbarco da parte delle forze navali russe, le quali, nel pomeriggio, hanno affondato una nave commerciale estone battente bandiera panamense. Continuano i combattimenti nel Kherson, città più grande occupata dai russi dall’inizio dell’invasione, a Kharkiv a Chernihiv e a Vyshgorod, a nord della capitale, dove invece proseguono i bombardamenti missilistici. Teatro di battaglia è stata anche Zaporizhzhia, luogo in cui sorge la più grande centrale nucleare del Paese e del mondo intero. Con ben 6 reattori nucleari Zaporizhzhia entra nelle mani di Mosca, la quale ora si trova in una posizione di vantaggio per quanto riguarda il controllo di buona parte della produzione energetica ucraina.
Putin è ora rallentato dalla strenua resistenza ucraina, fomentata dalle parole del presidente Zelensky: «Qui non avrete pace, non avrete da mangiare, non avrete un momento di calma» ha avvertito il fiero presidente. La resistenza sarà «tanto feroce che ricorderanno per sempre che non rinunceremo a ciò che è nostro». Secondo le fonti ucraine, quasi 10 000 soldati russi sono stati uccisi durante le operazioni militari, sostenendo che il morale delle truppe nemiche, all’opposto di quello della resistenza, è al minimo. «Non sanno perché sono qui» riporta Zelensky.
La guerra di Putin, l’isolamento dello Zar.
Di diverso avviso è il Cremlino. Il ministero della Difesa russo ha confermato una cifra inferiore ai 1000 caduti, mentre Putin continua una propaganda anti-ucraina e antioccidentale per tentare di rinsaldare il consenso interno, che mostra i primi segni di cedimento. Dai personaggi pubblici alle manifestazioni di piazza, numerose sono le voci russe contrarie alla guerra, che condannano l’operato del presidente. Oltre 6000 gli arresti compiuti in più di 51 città della Federazione, mentre secondo la rivista Forbes 126 miliardi di dollari sono stati persi a causa del crollo del rublo da parte degli oligarchi russi colpiti per via delle sanzioni.
Conseguenze, queste, dell’isolamento alle quali la Russia sembra essere stata condannata dalla crociata che il neo-Zar Putin ha imposto alla nazione, ora esclusa anche dalle prossime paraolimpiadi. Il «dittatore russo», come lo ha appellato Biden durante una conferenza stampa, è così sempre più isolato in questa guerra che fatica ancora a dipingere come semplice azione difensiva e preventiva. «La pace è molto importante! Gli accordi vanno avviati al più presto» scrive su Telegram, Oleg Deripaska, magante russo nel campo dell’alluminio e considerato amico personale di Putin. Alla voce di Deripaska si uniscono numerosi altri gerarchi e oligarchi russi, Fridman, Chubais e Abramovich, il cui peso economico e politico grava ora sempre di più sulle spalle, ancora più esili, dell’affaticato Putin. Ma ancora più delle parole, pesano i silenzi. Mentre si accalcano sempre più numerose le voci contrarie all’invasione, nessuna sembra alzarsi a favore della guerra o dell’operato di Putin. Il gerarca russo è sempre più isolato e messo alle strette, consapevole che solo la vittoria potrebbe impedire alla sua testa di saltare via, politicamente e non, con il rischio che questa situazione comporta. Ecco, dunque, spiegata la messa in allerta delle forze nucleari che il presidente ha ordinato domenica, così come l’intimidazione inviata all’Eliseo, nella quale ha minacciato che «il peggio deve ancora venire».
Prosegue, fra odio e scetticismo, l’azione diplomatica. «»
Ad ogni modo, si sono svolte ieri a Brest, in Biellorussia, nuove trattative diplomatiche, le seconde dall’inizio della guerra. Nonostante lo scetticismo dei più, la delegazione russa, guidata da Vladimir Medinsky si è detta disponibile a garantire «corridoi umanitari» ai civili in fuga, annunciando delle «pause» nelle operazioni dell’esercito. non siamo riusciti a raggiungere i risultati sperati. L’unica cosa che posso dire è che abbiamo discusso in dettaglio l’aspetto umanitario «non siamo riusciti a raggiungere i risultati sperati. L’unica cosa che posso dire è che abbiamo discusso in dettaglio l’aspetto umanitario» commenta Mikhail Podolyak capo della delegazione ucraina.
Mentre il parlamento ucraino chiede un diretto intervento dell’Onu nel paese, Zelensky si è detto disponibile a parlare direttamente con Putin in persona. «I colloqui con Putin sono l’unico modo per fermare guerra» ha dichiarato il presidente ucraino in una conferenza stampa.
Putin in Ucraina. I cosacchi contro lo Zar
Nella delicatezza degli equilibri geopolitici mondiali, la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina ha lo stesso impatto che avrebbe un elefante in un negozio di ceramiche. Con il rischio costante di mandare tutto in frantumi, Putin sa benissimo che il tempo è il suo peggior nemico, mentre rimane l’alleato più stabile di Zelensky e dei suoi sostenitori occidentali. Quanto più a lungo l’impresa bellica si rivelerà onerosa per l’economia russa, vessata dalle asprissime sanzioni americane, europee, alle quali si sono unite anche il Giappone e il Canada, tanto più difficile sarà per Mosca rirendere il controllo sulle sue vecchie aree di influenza. «Russia e Ucraina sono un unico popolo» annuncia con vigore Putin, quasi a difendere la legittimazione della sua aggressione. Ma l’Ucraina, la terra dei cosacchi, ha detto no e fiera della propria indipendenza è decisa quanto mai a resistere all’aggressione dello Zar ed alla sua brama di potere.
Daniele De Camillis