Proseguono in Piemonte le attività di ricerca e sperimentazione sulla moria del kiwi da parte del gruppo di lavoro costituito da Regione Piemonte – Settore Fitosanitario, Fondazione Agrion, CREA IT-Torino e DISAFA – Università di Torino. La situazione è allarmante e critica per la coltivazione di questa specie frutticola sul territorio piemontese.
Nel 2010 in Piemonte venivano coltivati 5.500 ettari di kiwi. Da quando è iniziata a manifestarsi la sindrome denominata “moria del kiwi”, con i primi casi nel 2015 a Borgo d’Ale-Alice Castello e successivamente nel cuneese, a Saluzzo e Lagnasco, per poi diffondersi largamente nei tre anni a seguire, la superficie coltivata a kiwi in Piemonte nel 2019 si è ridotta a 3.590 ettari.
L’ultima stima fatta dal Centro servizi ortofrutticoli a settembre 2020 indica 3.180 ettari ancora in essere. Di questi si stima che circa un 50% sia ancora produttivo (circa 1.500 ettari), mentre la rimanente parte è in via di disseccamento.
Attualmente il gruppo di lavoro è impegnato nel progetto KIRIS, presentato nel 2020 e approvato dalla Regione Piemonte che ha finanziato il progetto. Considerando che dalle precedenti ricerche è emerso che la moria dei kiwi è una sindrome multifattoriale in quanto sono coinvolti 4 fattori, ambiente, suolo, pianta e microrganismi patogeni, attraverso il nuovo progetto si intende approfondire ulteriormente la conoscenza di questi aspetti che sono all’origine della moria come risposta ai fattori ambientali, agronomici e fitopatologici, allo scopo di prevenirne l’insorgenza della problematica nei nuovi impianti e di trovare possibili soluzioni per gli impianti già esistenti.
Inoltre nel dicembre 2020 è stato costituito dal MIPAAF, in seno al Comitato Fitosanitario Nazionale, il gruppo di lavoro nazionale sulla moria del kiwi, coordinato dal Piemonte per gli aspetti tecnici. Il gruppo di lavoro ha concordato nell’acquisire lo studio del Piemonte sulla moria come modello di ricerca, da integrare e sviluppare, per essere esteso su tutto il territorio italiano.
È emersa infatti la necessità di adottare dei criteri d’indagine su scala nazionale affinché siano validi su tutto il territorio per scoprire le interconnessioni tra le cause che portano alla “sindrome” che colpisce le piante di kiwi.
Assessore all’Agricoltura e Cibo della Regione Piemonte, Marco Protopapa “E’ importante trovare in tempi rapidi una cura o metodi di prevenzione per contrastare il fenomeno della moria del kiwi che continua a colpire le coltivazioni in Piemonte e in Italia. Occorre dare un aiuto urgente ai nostri agricoltori che subiscono danni ingenti alle proprie colture e infatti il Piemonte sta dando un importante contributo a livello nazionale grazie all’esperienza maturata in questi anni nella ricerca condotta dal gruppo di lavoro regionale. In parallelo, consapevoli che occorre sostenere direttamente le aziende che hanno dovuto estirpare gli impianti di actinidia per cause fitosanitarie, stiamo predisponendo un nuovo bando regionale che consentirà l’erogazione di un aiuto forfettario per ogni ettaro estirpato”.
Presidente della Fondazione Agrion, Giacomo Ballari: “Ritengo che la moria sia una gravissima problematica su cui è necessario spendere tutte le risorse e le competenze che abbiamo, in quanto rappresenta una situazione drammatica per gli agricoltori e le aziende non solo del Piemonte, ma di tutta Italia. Il kiwi ha sempre avuto un ruolo determinante nell’equilibrio della filiera frutticola piemontese. La Fondazione Agrion è in prima linea nel tentativo di fornire risposte concrete ai frutticoltori e nel dare un futuro a questa specie attraverso il concreto impegno nella ricerca e nella sperimentazione insieme ai partner del gruppo di lavoro regionale (Settore Fitosanitario regionale, Fondazione Agrion, CREA IT-Torino e DISAFA – Università di Torino) che sono stati inseriti nel tavolo di lavoro nazionale”.
Nel 2010 in Piemonte venivano coltivati 5.500 ettari di kiwi. Nel 2010 è arrivata la batteriosi da Psa che ha determinato l’estirpo di oltre 1000 ettari di superficie.
Nel 2015 ha iniziato a manifestarsi la sindrome denominata “moria del kiwi”. I primi casi sono stati registrati a Borgo d’Ale-Alice Castello e successivamente è comparsa in Provincia di Cuneo nei comuni di Saluzzo e Lagnasco, diffondendosi largamente nel triennio successivo. Nel giro di 2 anni interi actinidieti sono stati distrutti.
Nel 2017 pochi produttori hanno deciso per l’estirpo delle piante colpite, diversamente, nel 2018 e 2019 molti frutticoltori hanno estirpato gli impianti ormai non più remunerativi. Dal 2017 al 2019 sono stati estirpati altri 1000 ettari di superficie di coltivazione del kiwi.
A fine 2019 la superficie a kiwi rimasta in Piemonte era pari 3590 ettari.
L’ultima stima fatta dal Centro Servizi Ortofrutticoli a settembre 2020 indica 3180 ettari ancora in essere. Di questi si stima che circa un 50% sia ancora produttivo (circa 1500 ettari), mentre la rimanente parte è in via di disseccamento. La situazione è allarmante e critica per la coltivazione di questa specie frutticola sul territorio piemontese.
La comparsa dei sintomi
Come è noto, ad oggi l’eziologia di questa fisiopatia non è ancora stata chiarita in dettaglio tuttavia, dagli studi realizzati, si ritiene che la componente climatica rappresenti un fattore scatenante di primaria importanza. Infatti, l’actinidia presenta una sensibilità radicale e vascolare marcata e sta subendo danni irreversibili a causa delle mutazioni climatiche in atto. Per questo motivo si parla di una sindrome multifattoriale in quanto sono coinvolti 4 diversi fattori: ambiente – suolo – pianta – microrganismi patogeni.
La comparsa dei sintomi avviene sempre allo stesso modo. Da giugno in poi, le temperature estive e l’irraggiamento solare tendono a mandare la pianta in stress bloccandone il normale funzionamento fisiologico. Gli apparati radicali già in buona parte compromessi dall’asfissia presente a livello di suolo non riescono più ad assorbire acqua e nutrienti e in breve tempo si osserva l’appassimento della chioma sino ad arrivare a fine stagione al completo disseccamento della pianta. Eventuali patogeni già presenti nel suolo attaccano le radici già indebolite dalla mancanza di ossigeno. Il Settore Fitosanitario regionale ha inoltre escluso la presenza di nematodi, praticamente mai riscontrati negli actinidieti colpiti.
La manifestazione dei sintomi è ormai trasversale sul territorio, su tutti i tipi di suolo, dal più limoso a quello più leggero sabbioso. Solo alcuni areali collinari non presentano sintomi così evidenti anche se actinidieti sani sono ben rari.
Per quanto riguarda l’irrigazione non è stata evidenziata una correlazione stretta con la comparsa della malattia. Rappresenta un aggravante che dà il colpo di grazia alle piante quando queste presentano i primi sintomi ma non può essere considerato il solo fattore scatenante.
E’ stato osservato che l’irrigazione sovrachioma e le reti antigrandine sono in grado di limitare gli stress evapotraspirativi estivi e in questi casi le piante soffrono meno.
Attività di ricerca e sperimentazione
– In Piemonte nel 2016 nasce il gruppo di lavoro regionale costituito dal Settore Fitosanitario regionale, Fondazione Agrion, CREA IT-Torino e DISAFA – Università di Torino.
– Nel 2017 la Regione Piemonte finanzia il primo progetto ufficiale sulla moria del kiwi in Italia: progetto “KIMOR”. Le prove sperimentali sono state finalizzate a valutare l’efficacia di interventi agronomici volti a migliorare l’efficienza dell’apparato radicale (baulatura, compostaggio, portinnesti ecc). Sebbene alcune differenze siano emerse fra le tesi prese in considerazione, al termine del triennio (2019) la moria era presente in tutte le parcelle sperimentali. Aggravamenti sono stati osservati a seguito di picchi di elevate temperature estive. Nonostante le irrigazioni pilotate, chiari sintomi di asfissia radicale si sono manifestati diffusamente.
– Ad inizio 2020 il gruppo di lavoro Piemonte presenta un nuovo progetto denominato KIRIS, approvato e finanziato dalla Regione Piemonte. Trattandosi di una problematica multifattoriale, nel presente progetto ci si propone di approfondire ulteriormente la conoscenza degli aspetti fisiologici che sono all’origine della moria come risposta ai fattori ambientali, agronomici e fitopatologici, allo scopo di prevenirne l’insorgenza della problematica nei nuovi impianti e di trovare possibili soluzioni per gli impianti già esistenti.
– Nel dicembre 2020 viene istituito dal MiPAAF un comitato tecnico nazionale il quale è coordinato congiuntamente dal Settore Fitosanitario Nazionale e da quello della Regione Piemonte.